domenica 17 febbraio 2008

Zollitsch: il rivoluzionario che non ti aspetti

Il nuovo capo dei vescovi tedeschi soprende su celibato, gay e politica

Avendo il tempo per un solo post e volendo trattare due temi (l'altro è questo), mi ritrovo davanti alla classica domanda della torre: chi butto giù?

Per la sorpresa che ha destato ho deciso di tenere Zollitsch, il nuovo capo della conferenza episcopale tedesca, eletto pochi giorni fa per sostituire il cardianl Lehmann, che lascia questa carica dopo quasi due decenni per motivi di salute.
Robert Zollitsch, nato nel 1938 nel territorio dell'attuale Serbia, è dal 2003 arcivescovo della diocesi di Freiburg. Da sempre su posizioni meno conservatrici rispetto a quelle dominanti in Vaticano, la scelta dei vescovi tedeschi di preferire Zollitsch è stata valutata da tutti i commentatori come una scelta di rimandare la guerra. Il suo avversario era infatti il vescovo Marx, fresco di nomina nella diocesi di Monaco di Baviera, che, a dispetto del nome e del modo di fare, si presenta come un difensore strenuo dei valori della parte più conservatrice del cattolicesimo tedesco. La scelta di Marx avrebbe comportato una rottura con il passato, traccando una linea diversa da quella del cardinal Lehmann, oppositore di Ratzinger anche nell'ultimo conclave.

Quella di Zollitsch è stata allora vista da tutti come una scelta di transizione. Zollitsch è infatti già abbastanza anziano (oltre tre lustri in più di Marx), e ha un profilo mediatico meno "ingombrante" di quello del suo predecessore (il Cardinal Lehmann era infatti ben conosciuto e molto apprezzato anche fuori dai circoli degli addetti ai lavori).

Quello che doveva quindi essere un Übergangshirte [pastore di transizione, come lo ha definito appena una settimana fa lo Spiegel], fa capire invece di non essere disposto ad assumere questo ruolo. Nella prima intervista rilasciata dopo la nomina a capo dei vescovi tedeschi (in edicola da domani, 18 febbraio, con lo Spiegel) e che va considerata un po' come la sua dichiarazione programmatica, Zollitsch parla di celibato dei preti, affermando la sua disponibilità a metterlo in discussione e negandone di fatto la validità teologica. Inoltre il vescovo di Friburgo apre sulle unioni omosessuali e schiera politicamente la chiesa tedesca, spostandola dall'alleanza con la CDU-CSU. 

Aspettando di leggere l'intervista completa, stando a quanto trapelato fino ad ora Zollitsch si rivelerebbe un abile giocatore sulla scacchiera dei giochi di potere. Per la caduta dell'obbligo di celibato propone un concilio, sfidando così il papa a concedere il diritto di discutere di questo tema nel modo più democratico che la Chiesa Cattolica conosca. In quanto rappresentante dei vescovi tedeschi la sua richiesta non può essere semplicemente fatta passare sotto silenzio. Contemporaneamente questa mossa apre sul discorso ecumenico, un cammino che negli ultimi anni di Giovanni Paolo II e nei primi di Benedetto XVI ha subito, di fatto, una lunga pausa. Questa uscita gli ha inoltre consentito di presentarsi al popolo che ancora noon lo conosceva, il popolo che vede di buon occhio questi temi e capisce sempre meno certi irrigidimenti della gerarchia cattolica, in poche parole, il popolo che sta abbandonando in massa la chiesa tedesca.

Ma non è tutto. Scagliandosi contro mons. Mixa, vescovo di Augsburg, che aveva criticato gli sforzi del ministro per la famiglia Ursula von der Leyen, rivolti soprattutto ad aiutare le famiglie con bambini piccoli, Zollitsch di fatto dichiara di opporsi fermamente a quella parte di Chiesa Cattolica che si riconosce in una società ormai obsoleta, fondata sulla divisione dei ruoli tra uomo e donna (il padre a lavorare, la madre a casa ad educare i figli) e di voler giocare, anche in previsione delle elezioni del prossimo anno, un ruolo non da comprimario, ma da protagonista nel dibattito politico, insistendo sull'accento sociale dello stato e sconfessando quella che lui considera la deriva liberale dei cristiano sociali.

Insomma, quello che doveva essere un pastore di transito entra in carica con un botto che non può lasciare indifferenti. I guanti di sfida sono stati lanciati. Tutti e tutti insieme.

venerdì 15 febbraio 2008

Aumentano gli scambi tra Italia e Germania

Nel 2007 dati positivi, ma la Germania esporta di più

I dati non sono ancora completi ed è difficile dire come la seconda parte del 2007 sia andata, ma le cifre fino ad ora disponibili sembrano indicare un aumento degli scambi tra l'Italia e la Germania.

Come riporta NewsItaliaPress, il primo semestre ha segnato un aumento delle esportazioni di merce italiana verso la Germania del 12% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Più o meno identica è la crescita del dato dell'export dalla Germania verso l'Italia. In termini assoluti la Germania ha venduto in Italia merce per un valore complessivo di quasi 34 miliardi di Euro, mentre l'Italia ha esportato beni per un valore di poco superiore ai 22 miliardi. La bilancia è quindi decisamente a favore della Germania.
La crescita delle esportazioni dall'Italia verso la Germania fa registrare, secondo Maria Ines Aronadio, direttrice dell'ufficio ICE di Berlino, una inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti, con un aumento percentuale considerevole rispetto a tutti gli altri paesi venditori.

Se poi la Germania dovesse prendere sul serio la proposta di Beppe Grillo sui politici italiani, beh, anche il 2008, che già ha visto un aumento vertiginoso di esportazioni di immondizia verso la Germania. sarebbe un anno di grandi risultati...

giovedì 14 febbraio 2008

Arrestato il Nr. 1 della Deutsche Post

Parte la valanga?

Come prontamente riportato da Germanynews, stamattina il capo della Deutsche Post, uno dei colossi mondiali della logistica, è stato accusato di sospetta evasione fiscale. 

Ancora è presto per capire quello che succederà e quanto c'è di vero in questa storia, ma Zumwinkel è sicuramente una delle persone più influenti del paese. Se dovesse saltare fuori che l'evasione fiscale non è solo una questione personale, ma che ci dovessero essere altre irregolarità (le indagini erano partite per far luce su vendita di azioni sulla base di informazioni riservate), la posizione di Zumwinkel diventerebbe indifendibile. 

A quel punto il potente manager potrebbe vuotare il sacco. E molti politici, da cui ha ricevuto e a cui ha fatto favori (si pensi, per restare agli ultimi mesi, al salario minimo per i postini), potrebbero non dormire sonni tranquilli.

venerdì 8 febbraio 2008

Germania: di nuovo voglia di Italia?

Nel 2007 una ripresa delle presenze tedesche in Italia

Nonostante la catastrofe che, se non ci fossero di mezzo milioni di euro dei contribuenti, avrebbe del ridicolo del portale italia.it, nonostante le notizie da Napoli e da Roma, nonostante una sempre latente antipatia dell'opnione pubblica tedesca nei confronti dell'Italia, sembra che il settore del turismo italiano si stia riprendendo dalla caduta libera in cui si era precipitato nell'ultim decennio. 

Le cifre diffuse in questi giorni dalla Fondazione BAT-Deutschland (British American Tobacco), sembrano infatti riportare un po' di ottimismo in un settore fondamentale dell'economia italiana.


Dati delle preferenze dei turisti tedeschi in merito alle mete delle loro vacanze per l'anno 2007


Secondo quanto evidenziato dallo studio della fondazione sul comportamento dei turisti tedeschi lungo tutto il 2007, l'Italia ha guadagnato molti punti, ritornando dopo quasi trent'anni al primo posto delle preferenze teutoniche.

Turisti tedeschi tra Italia e Spagna

Se nel 1999 un tedesco su sei trascorreva le vacanze in Spagna, nel 2007 le quote della penisola iberica sono cadute al livello del 1980, con una perdita di oltre il 7%. Le cifre della Spagna sono esattamente inverse rispetto a quelle dell'Italia, che sta ritornando vicina ai livelli degli anni d'oro del turismo tedesco nel nostro Paese.

Proprio all'inizio degli anni '80 era cominciata l'ascesa della Spagna (nel 1980 il 9,9% dei tedeschi aveva trascorso le vacanze nel Belpaese contro il 9,2% che era stato nella penisola Iberica), che era poi arrivata a toccare punte del 17%. Di contro sempre meno tedeschi venivano in Italia (nel 2005 erano solo il 7,7%).

Le cifre del 2007 parlano di un 10,1% per l'Italia, una cifra che farebbe ben sperare per il futuro, se proprio in questi primi giorni del 2008 non ci fosse stato il disastro di Napoli, che ha spinto addirittura la regione Veneto a finanziare una campagna pubblicitaria studiata apposta per la Germania, per spiegare al turista tedesco che il Veneto non è Napoli.

I dati mostrano una caduta di presenze tedesche a sud del Brennero a seguito dell'11 settembre, un calo che è durato fino al 2006, quando è ricominciata, timidamente la risalita.

I tedeschi non amano l'Italia di Berlusconi

Forse frutto dell'11 settembre, forse frutto del caso, o forse frutto di una riuscita enorme campagna mediatica, rimane però innegabile che il tracollo della presenza tedesca nel nostro Paese si è registrato negli anni della seconda legislatura Berlusconi.

Questa constatazione potrebbe valere più di quello che a prima vista si pensa, se non si vuole credere al caso, ma si vuole provare a cercarne i motivi nella testa della gente. Giusto o sbagliato che sia, Berlusconi è stato dipinto all'estero, unanimemente e universalmente, come un faccendiere dalla quantomeno dubbia moralità (e giudizi così miti nei suoi confronti i media tedeschi ne hanno espressi pochi). L'immagine che è passata qui in Germania era di un delinquente al potere, un affarista che rubava, contrattava con la mafia, usava le televisioni per fare il lavaggio del cervello alla gente. Durante il lustro Berlusconiano si è parlato molto di Italia qui in Germania e, non sempre ma quasi, se ne è parlato male. 

Due fatti hanno a mio avviso contribuito più di altri a far passare nella gente un'immagine completamente negativa del capo di Forza Italia: il G8 di Genova e l'invettiva contro il socialdemocratico tedesco Schulz nel discorso inaugurale del semestre di presidenza italiana della Comunità Europea. 



Il tedesco medio, anche quello di orientamento politico conservatore, ha sviluppato così nel migliore dei casi una insofferenza malcelata nei confronti dell'allora capo del governo italiano, visto poi come il rappresentante di un popolo che lo aveva democraticamente eletto. L'antipatia verso Berlusconi in molti casi si è estesa, per osmosi, al Paese intero.

Se queste sono considerazioni personali certamente altamente discutibili e opinabili, credo invece che sui due prossimi punti il margine di critica sia più ridotto. Ritornando allo studio della Fondazione BAT, si nota come la scala dei fattori presi in considerazione per la scelta della meta delle vacanze sia:

  1. Gastfreundschaft [Ospitalità]
  2. Gemütlichkeit [Comodità - anche se in realtà la parola è quasi intraducibile]
  3. Schöne Landschaft [Paesaggio]
  4. Gesundes Klima [Clima sano]
  5. Sicherheit [Sicurezza]
  6. Sauberkeit [Pulizia]
  7. Gute Küche [Buona cucina]
  8. Kontaktmöglichkeiten [Possibilità di intessere contatti]
  9. Keine Sprachprobleme [Assenza di barriere linguistiche]
  10. Stimmiges Preis-Leistungs-Verhältnis [Buon rapporto qualità-prezzo]

Alcuni di questi fattori (paesaggio, clima, buona cucina...) sono quasi completamente al riparo dall'azione dei governi, altri, invece, risentono molto della politica e dell'immagine che di essa si dà. 
Per un turista che dà molta importanza alla sicurezza non è stato certo incoraggiante lo spettacolo di Genova e neppure la dichiarazione dell'ex ministro Lunardi che con la Mafia bisognava conviverci. 
Per chi è interessato al rapporto qualità-prezzo (e pochi popoli lo sono quanto i tedeschi), non ha sicuramente avuto un impatto positivo l'immagine, propagata nei mezzi di comunicazione di ogni ordine e grado, di un'Italia affossata dal debito pubblico, sgridata dall'Europa ad ogni pié sospinto e mandata avanti da mille condoni conditi con la depenalizzazione della frode fiscale.  Chi ancora passava le alpi per trascorrere le vacanze in Italia tornava in Germania raccontando sempre più spesso di ombrelloni pagati a peso d'oro. E spesso in nero.

In quest'ottica, a me sembra non troppo azzardato affermare che la figura di Berlusconi e l'immagine che nel mondo è stata propagata sul suo operato abbiano giocato un ruolo non trascurabile nell'orientare le scelte vacanziere degli stranieri e soprattutto dei tedeschi.

A livello culturale va poi anche registrato che proprio sotto il governo Berlusconi gli istituti di cultura sono passati sotto il controllo diretto del ministero degli affari esteri, trasformandosi in vetrine spesso squallide e ridicole fatte per esporre direttori di terza o quarta mano (il glorioso istituto di cultura di Monaco ne è un esempio troppo tristemente famoso). Inoltre proprio per questi istituti sono stati tagliati i fondi (un confronto tra gli IIC e gli istituti Cervantes spagnoli in giro per il mondo è sufficiente per rendersi conto della banale evidente e imbarazzante differenza tra le due politiche culturali). Se la politica nei confronti delle istituzioni culturali italiane nel mondo non è molto migliorata sotto il governo Prodi, l'immagine del nostro Paese all'estero ha però sensibilmente guadagnato nei venti mesi di governo di centro-sinistra. All'estero, dove i problemi di tasse che affliggono gli italiani sono meno sentiti, è stato apprezzato lo sforzo contro l'evasione fiscale e nella lotta alla criminalità organizzata, è stato salutato positivamente il lavoro svolto in Afganistan e in Libano e non si è mancato di sottolineare i progressi nella lotta al disavanzo pubblico del governo uscente, così come il suo rilanciato impegno europeista. Angela Merkel, non è un segreto, si è trovata molto meglio a lavorare con Prodi che con Berlusconi. E i turisti tedeschi sono tornati.

Non ho dati oltre quelli già citati per dimostrare il fondamento di queste supposizioni e sono pronto alla discussione, con la speranza per il mio Paese che la prossima legislatura dimostri che avevo sbagliato.