mercoledì 24 ottobre 2007

UE: la Volkswagen si puo comprare

La corte di giustizia europea cassa la legge che protegge il colosso automobilistico tedesco


In questi giorni di intenso lavoro sono contento che Germanynews abbia già dato la notizia e spiegato il nocciolo della questione, così io mi posso riservare solo qualche commento veloce.


La cosiddetta legge Volkswagen (VW-Gesetz) venne emanata nel 1960 per porre fine in realtà alla turbolenta contesa sorta dopo la seconda guerra mondiale fra lo stato federale, il Land di competenza (la Bassa Sassonia), e i sindacati, dal cui scioglimento forzato durante il nazionalsocialismo era venuta una buona parte dei mezzi finanziari che erano serviti a far crescere l'azienda al tempo di proprietà statale. Al paragrafo 2 di questa legge si stabilisce la famosa clausola del 20%, già illustrata da Germanynews. A questo punto è interessante notare come la legge avrebbe dovuto proteggere la Volkswagen dall'acquisizione da parte di investitori stranieri. Ora, invece, la Volkswagen verrà acquisita da Porsche, che negli ultimi mesi, prevedendo la sentenza della corte europea, aveva già provveduto a comprare grosse quantità di azioni della VW. Con questo pronunciamento da Bruxelles l'11% di azioni "inutili" di Porsche (31%, di cui appunto finora solo il 20% con diritto di voto e rappresentanza) acquistano enormemente di valore. E ora che sono stati rimossi tutti gli ostacoli, sembra che la piccola Porsche voglia prendersi tutta la grande Vokswagen. Vi immaginate la Ferrari che si compra la FIAT?

venerdì 12 ottobre 2007

Eva Herman: le reazioni

Le vicende della discussa giornalista tedesca scatenano il dibattito


Mentre i mezzi di informazione italiani, guidati dalla nota del TG5, brillano ancora una volta per il modo non proprio edificante in cui svolgono il proprio lavoro e mostrano nel migliore dei casi l'incapacità di chi è preposto a farlo di spiegare qualcosa al proprio pubblico, l'opinione pubblica tedesca si è lasciata andare ad un dibattito molto intenso, ma anche molto interessante.


Un breve riassunto dei fatti


Eva Herman è stata per oltre tre lustri uno dei volti più popolari della televisione pubblica tedesca. Il suo volto, inoltre, è legato al Tagesschau, il principale telegiornale della nazione e quindi in un certo senso alla persona si tendono ad associare le caratteristiche che si riconoscono nella trasmissione di cui fa parte, che nel caso della Tagesschau sono sicuramente la serietà, la ricerca di obiettività e il rifiuto deciso di qualsiasi concessione alla leggerezza o ai pettegolezzi.


Da ormai alcuni mesi però, la signora Herman è balzata agli onori delle cronache per una serie di dichiarazioni che hanno dato di lei un'immagine assolutamente contrastante con quella che il pubblico tedesco si era fatta negli anni. Eva Herman si è inserita (o ha contribuito a scatenare) la polemica sugli aiuti per l'educazione dei figli in tenerissima età. Ha difeso posizioni a volte ultraconservatrici, propugnando un modello di famiglia presessantottino, con una divisione chiara dei ruoli all'interno del nucleo familiare: l'uomo al lavoro, la donna in casa. E ha cominciato una seconda carriera come pubblicista e saggista, riuscendo subito a raggiungere notevoli successi di vendite per i suoi libri.


Le critiche nei suoi confronti si sono fatte sempre più pesanti e pressanti e la frase che ho riportato nel post precedente sembra essere stata la causa ufficiale del licenziamento che l'ha allontanata alcune settimane fa dalla televisione pubblica con l'accusa, più o meno apertamente formulata, di apologia del nazismo.


Che se ne parli bene o se ne parli male, l'importante è che se ne parli e la bufera scatenata dal caso ha contribuito senza dubbio a far salire le vendite de Il principio arca di Noé, il suo ultimo libro (il cui sottotitolo è "Perché dobbiamo salvare la famiglia").
Alcuni giorni fa la signora Herman è stata ospite di Johannes B. Kerner, il Talkshow del secondo canale della televisione pubblica tedesca, la ZDF. Kerner, il giornalista che dà il nome al Talkshow, uno dei più importanti e prestigiosi della Germania, aveva oltre alla signora Herman altri 4 ospiti: il comico Mario Barth, l'attrice Senta Berger, la presentatrice Margarethe Schreinemakers e il professor Wolfgang Wippermann, docente di storia contemporanea presso la libera università di Berlino.

Il tema della serata avrebbe dovuto essere, stando alla presentazione che ha fatto lo stesso Kerner, la divisione dei ruoli nella società tra uomo e donna, invece fin da subito si è trasformato in un processo a Eva Herman, una specie di "tutti contro uno". Alla signora Herman non è stata data la possibilità di spiegare le sue idee, ma solo quella di ritrattare, di ammettere che aveva sbagliato a pronunciare la frase incriminata. Poiché la signora Herman ha difeso la sua posizione continuando a dirsi vittima di una campagna di diffamazione portata avanti dall'intera opinione pubblica, Kerner ha deciso di pregare la sua ospite di lasciare lo studio.


Le reazioni dell'opinione pubblica e del mondo dei blog


Il Rauswurf [la cacciata] ha trovato posto naturalmente in tutti i giornali e in tantissime trasmissioni televisive. Se la ZDF sembra essersi trincerata dietro una difesa compatta del comportamento di Kerner, i commenti della stampa sono più differenziati. Il Tagesspiegel, giornale di tendenze progressiste della capitale, critica apertamente il comportamento di Kerner:

Sobald rechte Argumente ausgesprochen werden, versagt das öffentlich-rechtliche Fernsehen komplett. Es tut so, als könne man über rechte, tatsächlich oder vermeintlich nazinahe Thesen nicht diskutieren [...] Was Kerner mit Herman veranstaltete, war keine Diskussion, sondern eine Hexenverbrennung, bei der Kerner sich selber auf billigstmögliche Weise zum Gottkönig der politischen Korrektheit zu stilisieren versuchte.

[Il servizio televisivo pubblico fallisce non appena si pronunciano tesi di destra. Esso si comporta come se fosse effettivamente possibile non discutere su tesi di destra, siano esse effettivamente avvicinabili al nazionalismo o meno [...] Ciò che Kerner ha fatto con la Herman non era una discussione, ma un rogo come quelli delle streghe, attraverso il quale lo stesso Kerner ha tentato di profilarsi nel modo più meschino come signore assoluto del politically correct.]

Il giornale conservatore FAZ si mantiene più neutro, concludendo il suo commento con queste parole:

Doch es war ein fragwürdiger Triumph des Moderators über eine angeschlagene Gegnerin, die nicht klug genug war, sich diesen Auftritt zu ersparen. Ob gewollt oder nicht: Spätestens jetzt ist Eva Herman zur Märtyerin all jener geworden, die überzeugt davon sind, dass es in diesem Land kein Recht auf freie Rede gebe.

[Ma è stato un successo discutibile di un presentatore contro un'avversaria già indebolita, che non è stata abbastanza smaliziata da capire che era meglio risparmiarsi questo incontro. Che fosse voluto o meno, al più tardi a partire da ora Eva Herman è diventata la martire di tutti quelli che sono convinti che in questo Paese non ci sia libertà di parola.]

In questa citazione della Frankfurter Allgemeine Zeitung l'autore dell'articolo usa una forma verbale [gebe] che denota il suo voler prendere distanza da questa affermazione e quindi il non essere sostanzialmente d'accordo con quanti sostengono la tesi della mancanza di libertà di parola. Egli riconosce però al tempo stesso che questo episodio ha fornito ai sostenitori di questa posizione un argomento inconfutabile a loro favore.

Sulla stessa lunghezza d'onda si rivela anche Andreas Zielcke per la Süddeutsche Zeitung:

Der Eklat, den Eva Hermans Rauswurf aus der Sendung darstellt, ist entgegen dem ersten Anschein kein Eklat, der ihr allein in die Schuhe zu schieben ist, es ist ein Debakel des Moderators und seiner weiteren Gäste. Er ist vor allem symptomatisch für das Unvermögen zum öffentlichen Streit, wenn es um das deutsche Tabu geht.

[Lo scandalo rappresentato dalla cacciata di Eva Herman dalla trasmissione, si rivela, contrariamente a quanto sembrava ad una prima occhiata, non essere affatto uno scandalo di cui lei sola porta la responsabilità: è una debacle del presentatore e dei sui altri ospiti. E diviene soprattutto sintomatico dell'incapacità di lasciarsi andare ad un pubblico dibattito quando si tratta del tabù [della storia] tedesca.]


Ad una veloce occhiata la blogosfera italiana si dimostra più informata e più obiettiva nel suo giudizio sulla Herman di quanto lo sia la stampa italiana. Senza la pretesa di esaustività e men che meno di rappresentatività, vorrei però elencare alcuni post sull'argomento, come quell,o a mio parere, intelligente di Sandro su BigBlog e quelli, sempre a mio parere, più discutibili
di Catastrofe che riporta un virgolettato errato, di
Globali che, nonostante le buone intenzioni, riporta virgolettati sbagliati e credo che dimostri di non aver visto veramente la trasmissione, o i tanti, come Io volevo l'araba felice, che hanno semplicemente riportato l'articolo di Taino sul corriere della sera


Ricordo una frase del mio libro di storia delle medie (penso che fosse di Voltaire): non condivido ciò che dici ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.

Credo che la democrazia tedesca sia matura e sicura abbastanza per potersi permettere di ragionare così.

giovedì 11 ottobre 2007

Eva Herman: è cosi difficile discutere delle sue idee?

Ex giornalista della televisione pubblica accusata di difendere posizioni naziste


Molta stampa italiana ha ripreso il caso di Eva Herman, ex giornalista di punta del primo canale della televisione pubblica licenziata dal proprio datore di lavoro in seguito ad una dichiarazione rilasciata dalla Herman ad Amburgo in occasione di una presentazione del suo ultimo libro:

Wir müssen den Familien Entlastung und nicht Belastung zumuten und müssen auch eine Gerechtigkeit schaffen zwischen kinderlosen und kinderreichen Familien. Und wir müssen vor allem das Bild der Mutter in Deutschland auch wieder wertschätzen lernen, das leider ja mit dem Nationalsozialismus und der darauf folgenden 68er-Bewegung abgeschafft wurde. Mit den 68ern wurde damals praktisch alles das, alles, was wir an Werten hatten, es war eine grausame Zeit, das war ein völlig durchgeknallter, hochgefährlicher Politiker, der das deutsche Volk ins Verderben geführt hat, das wissen wir alle, es ist damals eben auch das, was gut war, und das sind Werte, das sind Kinder, das sind Mütter, das sind Familien, das ist Zusammenhalt - das wurde abgeschafft.

[Fonte: Welt.de]

[Dobbiamo aiutare le famiglie e non caricarle ulteriormente e dobbiamo creare giustizia tra le famiglie ricche di bambini e quelle che di bambini non ne hanno. E soprattutto dobbiamo imparare a restituire valore alla figura della madre, una figura che purtroppo con il nazionalsocialismo e con il seguente movimento del '68 è stata cancellata. Con il '68 è stato [cancellato] praticamente tutto, tutti quelli che erano i nostri valori. [Il nazionalsocialismo] è stato un periodo orribile, c'era un politico [Hitler] completamente pazzo e pericolosissimo che ha condotto il popolo tedesco alla perdizione, questo lo sappiamo tutti. [E] in quel periodo [il '68] è stato cancellato anche quello che [del nazionalsocialismo] era buono. E parlo di valori, di bambini, di madri, di famiglie, di coesione familiare.]


La citazione è da un discorso a braccio, ha quindi alcune incongruenze sintattiche, ma credo di essere riuscito, nella traduzione, a restituire il senso originale. Al momento non ho tempo di commentare, ma ci tenevo a fornire materiale originale per la discussione.

giovedì 4 ottobre 2007

Free Burma!

Questo non è propriamente il tema del blog, ma credo ne valga la pena.



Free Burma!

martedì 2 ottobre 2007

Il cielo diviso (sopra Mödlareuth)

Ovvero: come un paese di 50 anime è entrato nella Storia


Mödlareuth è un piccolo paesino sperduto tra la Turingia e la Baviera dove vivono un mezzo centinaio di persone. Visto dall'alto, oggi, questo angolo di Germania si presenta così:


Visualizzazione ingrandita della mappa

Gli americani hanno assegnato a Mödlareuth, questo paesino a metà strada tra Bayreuth e Gera, un soprannome che spiega molto bene il motivo per cui esso occupa a pieno titolo un posto nei libri di storia: lo hanno ribattezzato "Litte Berlin", alludendo al fatto che, come la capitale tedesca, anche questo villaggio è stato diviso dal confine tra la Repubblica Federale Tedesca e la Repubblica Democratica Tedesca per oltre 40 anni.


Una divisione lunga quattro secoli


Mödlareuth fu divisa ufficialmente già nel XVII secolo, quando da qui si stabilì di far passare il confine tra due dei tanti Stati in cui era divisa allora la Germania, ma la divisione rimase per lungo tempo quasi solo una linea tracciata sulla carta che aveva poche ripercussioni sulla vita degli abitanti del posto. Dopo la dissoluzione del Sacro Romano Impero ad opera di Napoleone da qui si decise di far passare la linea di demarcazione tra il regno di Baviera e il principato di Reuß. La gente del posto continuò tuttavia a frequentare la stessa chiesa, a mandare i propri figli nella stessa scuola e a ritrovarsi per mangiare e far festa nell'unica locanda del paese.


Nel 1945, dopo la fine della guerra, la zona a nord della linea di confine passò sotto il protettorato russo, mentre quella a sud finì sotto il controllo degli americani. Già a partire dal 1952 il governo della Repubblica Democratica Tedesca iniziò a proteggere con delle barriere il confine che attraversava Mödlareuth, difeso prima da una staccionata (1952), poi dal filo spinato (1958) e infine (dal 1966) da un muro in cemento.


A differenza del muro a Berlino, a Mödlareuth-Est (per chiarezza, anche se geograficamente si trova a Nord) non era neppure permesso salutare con la mano e non vi erano Check Points.
Un mese esatto dopo la caduta del muro, i Mödlareuthesi ottennero che venisse aperto un varco nel muro per permettere il passaggio pedonale tra le due parti del villaggio. La distruzione del muro avvenne l'anno seguente, il 17 giugno 1990 (altra data dal forte valore simbolico per il richiamo alla sollevazione operaria del 17 giugno 1953 a Berlino Est); solo un piccolo pezzo venne risparmiato ed è oggi parte integrante del Deutsch-deutsches Museum di Mödlareuth.

lunedì 1 ottobre 2007

Gabriele Pauli e Klaus Wowereit: il pettegolezzo entra in politica

[Seconda parte]

Klaus Wowereit prossimo candidato SPD per il posto di cancelliere?


Anche se un po' in ritardo riprendo il discorso iniziato nell'ultimo post sul pettegolezzo come arma politica in Germania. Dopo aver parlato di Gabriele Pauli, che ha saputo sfruttare al meglio le occasioni offertele dalla campagna elettorale per l'elezione del nuovo segretario generale della CSU, vediamo ora la figura di Klaus Wowereit, sindaco in carica di Berlino, che alcuni giorni fa era finito sui giornali per aver dichiarato che la Germania è ormai pronta per un cancelliere omosessuale.


Chi è Klaus Wowereit?


Klaus Wowereit (SPD), sindaco in carica di Berlino (Immagine di Wikipedia)

Klaus Wowereit è nato a Berlino nel 1953. Dopo gli studi in giurisprudenza presso la Freie Universität di Berlino si è dedicato sempre più intensamente all'attività politica, che lo occupava già dalla giovinezza. Nel 2001, dopo una veloce e brillante carriera, è diventato sindaco di Berlino, carica che ricopre tutt'ora. Dal 1993 è legato sentimentalmente al neurochirurgo Jörn Kubicki, di dodici anni più giovane di lui.


È stato proprio durante la campagna elettorale del 2001 che Wowereit ha scelto di fare outing, dichiarando la propria omosessualità con una frase da allora citata molto spesso:

Ich bin schwul – und das ist auch gut so!
[Sono omosessuale - ed è bene che sia così!]

Da quel momento è cominciata l'ascesa di Wowereit sulla scena politica nazionale, un'ascesa contrassegnata da un quasi proverbiale presenzialismo a feste, inaugurazioni, occasioni mondane (con addirittura due comparse nel ruolo di se stesso in una serie televisiva e in un film), mostre e fiere. Nel 2006 ha poi annunciato ufficialmente di voler aspirare ad un ruolo di peso nella politica nazionale.


La lunga rincorsa

Alla luce di quanto appena detto non stupisce quindi l'uscita di Wowereit ripresa dai media secondo cui la Germania sarebbe pronta per un cancelliere omosessuale, dichiarazione che equivale a presentare la propria candidatura per il ruolo di capo del governo alle prossime elezioni politiche. Sul modo e sui tempi di questa autocandidatura si lasciano trarre, a mio avviso, alcune conclusioni:


  • Wowereit ha saputo usare la propria omosessualità ancora una volta a suo favore. Nel 2001, quando dichiarò le proprie tendenze apertamente, riuscì in questo modo a togliere all'opposizione un possibile argomento di discredito. Oggi usa la sua omosessualità come messaggio positivo. Agendo in questo modo egli sembra inoltre suggerire al subconscio del lettore che un voto contro di lui sarebbe una sorta di voto contro il progresso e lo stato di giusta tolleranza verso la comunità gay raggiunto in questi ultimi anni in Germania.
  • Usando questo argomento, Wowereit tenta di sganciare il giudizio su di lui da criteri essenzialmente politici, per portare il confronto elettorale su un piano più umano, a lui certamente più congeniale. Come sindaco di Berlino Wowereit può contare su un bilancio pieno di luci e ombre. Da una parte infatti ha restituito alla capitale tedesca una vivacità e un'importanza a livello culturale che non teme confronti con le altre grandi metropoli mondiali, dall'altra ha però ereditato una situazione finanziaria disperata e in oltre sei anni di governo non è riuscito a migliorare di molto lo stato pietoso delle casse municipali. Addirittura Berlino ha tentato (invano) sotto Wowereit di dichiarare bancarotta per potere avere un accesso più ampio a finanziamenti statali.
  • Anche il tempismo con cui Wowereit ha espresso la sua candidatura a cancelliere si rivela ben studiato. Egli cerca infatti di inserirsi nella lotta scoppiata da alcune settimane all'interno del suo partito, la SPD, da tempo in crisi di fiducia e alla ricerca di una leadership in grado di riportarlo ai livelli del 1998. L'attuale segretario del partito, Kurt Beck, è stato più volte accusato di mancanza di polso; il partito soffre la nascita della formazione populistica die Linke, dell'ex socialdemocratico Lafontaine e vive una lacerazione interna fra l'ala sinistra, favorevole ad un ritorno alle radici socialdemocratiche e l'ala più moderata, che ancora si riconosce nella cosiddetta Agenda 2010 (programma di riforma in campo economico e sociale) dell'ex cancelliere Gerhard Schröder.

Il 2007 è l'ultimo anno privo di elezioni a livello regionale. Dal 2008 inizia così la lunga lotta per il miglior posizionamento in vista delle elezioni politiche del 2009. Vediamo fino a che punto arriverà Wowereit.