sabato 22 dicembre 2007

Ancora sull'integrazione italiana in Germania

Sul tema del mio post nato in seguito all'articolo dello Spiegel sulla mafia in Germania e il livello di integrazione dei nostri connazionali nella Bundesrepublik riporto anche un interessante contributo di Italienpolitik.

venerdì 14 dicembre 2007

Plätzchen backen

Plätzchen backen, una tradizione del Natale tedesco

Arriva il Natale e la parola d'ordine è Plätzchen backen! Quando lo racconto ai miei amici provo a tradurre: preparare e cuocere al forno i biscottini per il Natale. Chi non è digiuno di Germania si farà una grossa risata a questa traduzione, chi di Krukkonia ne mastica poca alzerà le spalle e penserà: "E che mi frega?"


Plätzchen backen è un mondo che la prosa non può descrivere e allora io ci provo con la poesia, scusandomi con il poeta per la blasfemia...

Plätzchen backen

Si fa, come d'inverno
nella mia terra i cappelletti


E chi non ha mai vissuto un'infanzia a piegare cappelletti con la nonna alzerà le spalle e dirà "E che mi frega?"


(Foto: Nordevent)

mercoledì 12 dicembre 2007

Mafia in Germania

Qualche riflessione a margine dell'articolo pubblicato dallo Spiegel


Le righe che seguono erano nate come un "commento al commento" che Gennaro aveva lasciato al mio post di domenica scorsa, poi però le righe hanno acquistato sempre più sostanza e allora ho deciso di spostarle in un post normale.


Caro Gennaro,

io nel frattempo ho letto l'articolo.

Premetto velocemente:


  • Negli anni la mia stima per lo Spiegel è abbastanza diminuita;
  • Sono convintoo che lo Spiegel rimaga comunque un mezzo importante di comunicazione e di formazione dell'opinione pubblica;

Ciò premesso devo dire che la mia reazione all'articolo è stata doppia: da una parte condivido molto di quello che si dice. L'articolo riprende anche molti degli argomenti che citi tu: livello di disoccupazione e di scolarizzazione degli italiani di seconda e terza generazione in primis (proprio pochi giorni fa se ne discuteva animatamente in calce ad un post di Beda Romano). Gli autori fanno vedere che dietro la presunta perfetta integrazione in realtà ci sono grossi problemi e accusano anche chiaramente le autorità tedesche di aver chiuso per troppo tempo gli occhi anche di fronte ai ripetuti avvetimenti da parte italiana. L'articolo accenna una velata critica anche alle autorità consolari italiane, che, però a mio parere, più che essere colpevoli di voler ignorare i problemi, sono colpevoli di combatterli con mezzi assolutamente inadeguati e completamente antiquati. Se anche tu, come credo, hai un minimo di esperienza di consolati italiani qui in Germania, non potrai che darmi ragione: pochissimi soldi e spesi più per conservare sacche di tradizioni e isolamento piuttosto che per promuovere l'integrazione.


I Gastarbeiter: la prima generazione

Su questi italiani punta il dito l'articolo e su di loro vorrei provare a ragionare.

Che piaccia o meno l'italia di molti di questi immigrati in Germania di prima generazione è un Paese che non esiste più da decenni. È un Paese trasfigurato e inchiodato allo stato di sviluppo del giorno in cui i nostri connazionali hanno varcato il Brennero. Sono tanti (tantissimi) quelli che anche dopo trent'anni di permanenza (alcuni 50) non parlano il tedesco neanche ad un livello elementare. Sono tanti (tantissimi) quelli che si massacrano ogni giorno con il sogno dichiarato di tornare in Italia a godersi la pensione. Sono tanti (tantissimi) quelli che non possono permettersi di tornare frequentemente in Italia, di leggere i giornali, di guardare la tv. Il risultato - e lo dico, credimi, con grandissimo dispiacere - è che di quella generazione di disadattati. Gente che non riesce a stare bene qui in Germania e che domani, arrivati all'agognata pensione, non staranno bene in Italia, perché scopriranno e vivranno come uno shock culturale che quel paese che avevano lasciato trenta o quarant'anni fa non esiste più, che la gente è cambiata, che la Loren e la Lollobrigida non se le fila più nessuno... Anche di questo parla l'articolo: di una precarietà dell'emigrazione. Gli italiani che sono venuti qui come Gastarbeiter sono venuti per tornare indietro prima possibile e con questa convinzione hanno educato i loro figli. E mentre scrivo queste cose mi vengono in mente nomi, volti, indirizzi, storie, lacrime...


Due generalizzazioni ingiuste

Come ho detto, però, l'articolo mi ha lasciato un'impressione divisa, infatti mi sembra che esso generalizzi troppo almeno su due punti. Il primo è quando afferma che le famiglie degli emigrati del Sud italia, provenendo da una realtà che è così (l'articolo non lascia spazio ad interpretazioni), hanno ricreato qui strutture parasociali che hanno rappresentato un terreno ideale per la crescita di attività di stampo mafioso. In una frase si bolla un'intera macroregione come mafiosa. Si ignorano i progressi della lotta alla criminalità organizzata (e fissarsi qui sull'uso generalizzato del termine Mafia è, credo, questione di lana caprina che lascia il tempo che trova). Si ignorano, dicevo i progressi della lotta contro la criminalità organizzata soprattutto quelli della gente comune. La rivolta coraggiosa dei ragazzi di Locri, i movimenti del No al pizzo, la lotta di tanti sacerdoti, sindacalisti e anche qualche politico, la sfacciataggine di Saviano, 28 anni scagliati con incoscienza e rabbia contro i casalesi... Si ignora la situazione della Basilicata, non certo un'isola felice, ma un esempio che - a fatica certo - si può fare della strada anche in altro modo. L'equazione dello Spiegel è perciò a mio parere troppo billig: il Sud d'italia è mafioso e gli emigranti italiani in Germania provenienti dal Sud di conseguenza hanno una sorta di predisposizione genetica alla mafia.

Un secondo punto su cui non sono d'accordo è la mancanza di iniziativa che l'articolo imputa a questi nostri connazionali. Li accusa di non aver avuto iniziativa e ambizione né per sé, né per i propri figli, misconoscendo in questo modo lo sforzo enorme che quella generazione ha fatto lasciando il proprio paese senza sapere nulla di quello che li aspettava, senza conoscere la lingua del paese che li avrebbe ospitati e riducendo anche il ruolo che hanno avuto nello sviluppo della Germania.
Più che mancanza di spirito imprenditoriale credo ci sia la mancanza di cultura. Quella generazione era figlia della fame. era analfabeta in patria e lo è diventata doppiamente qui in Germania. La sua scuola erano state le serate al bar, i racconti degli anziani, le leggende del paese e quindi solo in base a quelle povere e poche coordinate loro potevano indirzzare la propria vita e quella dei loro figli. Questo, inserito in un contesto come quello tedesco, fortemente selettivo già nell'infanzia, è sicuramente stato fatale non solo a loro, ma anche alle generazioni a seguire.


Il ruolo delle associazioni e dello stato italiano

Prima di concludere vorrei toccare ancora due punti. Io non so se effettivamente, come dici tu, qui in Germania la presenza di associazioni di famiglie italiane sia inferiore rispetto agli altri paesi. A me sembra invece che ce ne siano troppe e tutte fatte con lo stesso intento che forse andava bene cinquant'anni fa, ma che oggi produce più danno che altro: quello che un tempo era considerato un aiuto, fatto per sconfiggere la malinconia, la solitudine e i problemi dell'essere emigrante, si è trasformato, in moltissime organizzazioni, in una sorta di corazzata per resistere agli assalti del mondo esterno. Ho avuto il piacere e lo sconforto, quasi due mesi fa, di essere invitato in uno di questi circoli alla presenza di un onorevole del parlamento italiano in visita. Credimi, Gennaro: sembrava di assistere ad un film dove recitavano personaggi del neorealismo. È stato come se qualcuno venisse a farti visita dal passato. Al cinema queste cose diventano commedie, nella nostra vita sono tragedie.

In questo - ecco il secondo punto - io penso che lo Stato Italiano brilli per assenza e ciò nonostante a volte ci faccia il regalo di consoli giovani, competenti e vogliosi di darsi da fare: non c'è un soldo per le infrastrutture, per i computer (sono testimone oculare di PC con Win95, con collegamenti internet via modem a 56K), per sviluppare i contatti con le anagrafi locali, che risolverebbero tanti problemi burocratici, per promuovere una cultura dell'integrazione, per far sentire il peso di quella che è la seconda comunità straniera della Germania. Stendiamo poi un velo pietoso sul lavoro dei cosiddetti Istituti Italiani di Cultura, dove spesso, almeno per quello che riguarda la mia esperienza, ai problemi di cui sopra si aggiunge l'incapacità, l'incompetenza e l'assoluta mancanza di contatto con la realtà delle persone preposte a dirigerli. Ma questa situazione tu la conosci molto meglio di me.

Mi sono accorto di essermi lasciato rpendere un po' la mano e di aver abbandonato presto i fatti per buttarmi sui sentimenti, ma sento molto l'argomento...

Spero di essere riuscito a spiegarmi. Fatemi sapere cosa ne pensate!

domenica 9 dicembre 2007

La Mafia in Germania


Lo Spiegel dedica un lungo articolo alla criminalità organizzata italiana in Germania


Nel numero in edicola domani (lunedì 10 dicembre) dello Spiegel troviamo un lungo articolo dedicato alla mafia italiana in Germania. L'inchiesta del settimanale tedesco cerca di fare luce sulla situazione della criminalità organizzata di origine italiana al nord delle alpi. Ripercorrendo la storia di Tommaso Venturi, uno dei morti della strage di Duisburg della scorsa estate, si cerca di descrivere anche la situazione dei nostri connazionali in questo paese. L'integrazione dei 530000 italiani di Germania con i tedeschi sarebbe generalmente buona, ma, constata lo Spiegel, molti di loro in realtà si rifugiano in una società parallela fatta di legami familiari molto stretti che rappresentano un ottimo terreno per la crescita della criminalità mafiosa anche oltre i confini della Penisola.

lunedì 3 dicembre 2007

La CDU a convegno: facciamo la SPD

Inizia oggi il convegno della CDU, il partito di maggioranza relativa della cancelliera Angela Merkel. Obiettivo del convegno è dettare le linee guida che porteranno il partito alla campagna elettorale del 2009, di cui le elezioni in alcuni Länder nel 2008 saranno un importante anticipo.

La CDU vuole cercare di presentarsi con una politica chiara e precisa, che non lasci dubbi e permetta una identifficazione immediata e per fare questo sceglierà di porre l'accento sulle differenze con la SPD, il secondo partito di maggioranza e compagno di governo nella grossa e grassa coalizione. Differenziarsi dalla SPD sembra proprio essere il motto di questo convegno, che per vari aspetti non può che prendere posizione sui temi già affrontati dalla SPD nel proprio congresso di alcune settimane fa.

Le previsioni degli osservatori sono concordi: per mettere in evidenza le differenze con la SPD la CDU farà la SPD, cioè continuerà la politica di riforme della cosiddetta Agenda 2010, iniziata dai socialdemocratici guidati da Schröder nella precedente legislatura. La CDU recupera così a basso prezzo la propria dimensione "sociale", andando ad occupare idee non sue e non dovendosi scervellare per partorirne di proprie. L'unico, marginale problema sarà far scordare alla svelta quanto in realtà fino al 2006 la CDU avesse aspramente criticato l'Agenda 2010. Ma la memoria politica dei popoli elettori, si sa, è cortissima.

A rimetterci sarà la SPD, che ha regalato le proprie idee e va ora a caccia di alternative in un campo occupato da altri, soprattutto dai populisti del partito dei Linke e dai Verdi.

martedì 27 novembre 2007

La Telekom abbandona il ciclismo

La T-Mobile si separa dal mondo delle due ruote


T-Mobile e il ciclismo si separano: un altro colpo per il ciclismo. Foto: Focus

A seguito del caso Sinkewitz, uno dei giovani su cui il team ciclistico tedesco puntava per il rilancio, e che all'ultimo Tour de France è stato trovato positivo ai controlli antidoping, la Deutsche Telekom ha deciso di non rinnovare il contratto di sponsorizzazione con la squadra che nell'ultima stagione portava sulle magliette il simbolo di T-Mobile.


La decisione sembra arrivare anche a seguito dell'intervista rilasciata da Sinkewitz alla Süddeutsche zeitung alcuni giorni fa, in cui il giovane corridore ora sospeso non ha risparmiato critiche a tutto il sistema, arrivando ad accusare di connivenza con il doping non solo la sua ex società, ma tutta la federazione ciclistica tedesca.

Il Pastore Tedesco e il (Dalai) Lama

A differenza di Angela Merkel, papa Benedetto XVI non incontrerà il Dalai Lama


Il papa Benedetto XVI e il Dalai Lama - Foto da www.spiegel.deStampa e televisione riportano la notizia che Joseph Ratzinger ha disdetto il proprio incontro con il massimo esponente del Buddismo mondiale. Il Dalai Lama è atteso a Roma per una visita al nostro Paese e in un primo momento era previsto per il 13 dicembre un incontro con Benedetto XVI in Vaticano. L'ufficio stampa del pontefice ha però fatto sapere che l'incontro non si terrà.

Due volti della stessa politica


Molti ricorderanno che Angela Merkel qualche tempo fa non aveva esitato, nonostante le forti pressioni del regime cinese, ad accogliere il Dalai Lama durante la sua vista in Germania. L'atteggiamento di Angela Merkel era la logica conseguenza della linea politica che la cancelliera ha sempre tenuto nei confronti della Cina, in cui da una parte si è impegnata a intensificare i rapporti commerciali e dall'altra ha sempre dichiarato di non voler rinunciare a trattare con i partner del colosso asiatico anche i temi più scottanti come il rispetto dei diritti umani e la questione del Tibet. Angela Merkel sa bene che la Cina a livello economico sorpasserà presto la Germania, preparandosi ad insidiare i primi due posti di USA e Giappone, ma non rinuncia a porre l'accento sulla democratizzazione del Paese. Non è una dichiarazione di guerra, ma lo sforzo minimo che credo ci si possa aspettare da chiunque si fregia del titolo di capo di uno stato democratico.

Queste cose le sa sicuramente anche il pontefice, ma papa Benedetto XVI ragiona partendo da un altro punto di vista. La Chiesa Cattolica Romana conduce da anni un contenzioso con le autorità cinesi, che si arrogano il diritto di nominare i vescovi delle diocesi del proprio territorio. La diplomazia vaticana si e sempre rivelata molto esperta e non mi stupirebbe se fra qualche tempo, come "ringraziamento" per la disdetta dell'incontro con il Dalai Lama, dalla Cina arrivassero segnali di distensione sulla questione dei vescovi.

[Sui rapporti tesi tra Germania e Cina si veda anche il post di Beda Romano]

Schröder-Merkel e Benedetto XVI - Dalai Lama: i tedeschi e la doppia coppia


L'opinione pubblica tedesca sembra avvertire questo fatto molto più di quella italiana. La notizia della disdetta dell'incontro tra il "papa d'oriente" e quello d'occidente trova nei giornali e nelle televisioni teutonici più risonanza che nel mondo giornalistico italiano. Agli italiani la questione sembra interessare quindi solo a margine, anche se secondo un sondaggio del Corriere la maggioranza di essi è a favore di una presa di posizione contro la Cina.

Il presidente della Camera Bertinotti, esponente di un partito che da sempre si fa portavoce del rispetto dei diritti umani, tranne quando si tratta di Cina e di Cuba, ha dichiarato che non concederà la Camera al Dalai Lama, sostenendo la sua scelta con la motivazione che nella Camera dei deputati non si tengono celebrazioni, e che sono ammesse ecezioni solo con i capi di Stato. Peccato che nel 2002 la camerà si aprì per far posto a Giovanni Paolo II.
Foto della visita del papa alla Camera dei Deputati della Repubblica Italiana. Fonte: Ministero della Giustizia
Certo, il papa era intervenuto in quell'occasione in qualità di capo dello Stato Vaticano, cosa non applicabile al Dalai Lama, visto che il Tibet non è ufficialmente riconosciuto come stato: una distinzione di lana caprina che fa onore alla peggiore tradizione politica italiana. La scelta di Bertinotti, nella sua funzione di altissima carica dello Stato (e quindi una volta tanto di rappresentate super partes dell'intero popolo italiano) è grave, forse ancora più grave (a mio modo di vedere) di quella del capo del governo. Prodi, comunque, è un altro che il Dalai Lama non incontrerà. Il nostro Presidente del consiglio si accoda dietro alla lunga fila degli ignavi e spera di riscuotere in soldoni il silenzio sulla questione regalato alla Cina. Rispetto al suo predecessore, che aveva semplicemente ignorato il gigante asiatico, è un passo. Difficile dire in quale direzione.

Seguaci di questa tradizione sono in Germania i vertici della SPD, che già dai tempi di Schröder ha brutalmente chiuso gli occhi di fronte alle ingiustizie del regime cinese, privilegiando le firme sui contratti di collaborazione con Pechino alle firme in calce alle petizioni delle organizzazioni umanitarie. La visita del Dalai Lama ad Angela Merkel ha avuto come maggiori critici proprio il ministro degli esteri ed attuale vicecancelliere Steinmeier e l'ex cancelliere Gerhard Schröder, che d'altronde si era già distinto per aver definito l'amico Vladimir Putin un "lupenreinen Demokraten" [tradotto liberamente: uno spirito democratico senza macchia].

La Cina è un mercato enorme che fa gola sia a chi cerca affari, sia a chi cerca anime e così purtroppo non sorprende né l'atteggiamento delle massime istituzioni italiane, né quello del papa: ognuno cerca di aprirsi come meglio può la porta sul mercato cinese. Questo non influenzerà più di tanto l'italiano medio, che, in preda ad amnesia cronica, far poche settimane avrà già dimenticato l'accaduto, ma in Germania questa politica sembra lasciare il segno: un'inchiesta dello Spiegel rivela come la maggioranza dei tedeschi consideri il buddismo più simpatico del cristianesimo e come il Dalai Lama sia considerato un esempio da seguire per il 44% dei tedeschi contro il 42% che ha indicato il papa.

Per correre dietro alla Cina, la politica del Vaticano rischia di lasciare per strada ancora una volta la cattolicità tedesca. Sono maturi i tempi per un nuovo Lutero?

lunedì 26 novembre 2007

Springer riprova ad acquistare ProSiebenSat1

Il più grande gruppo editoriale tedesco tenta la scalata alla televisione privata


Dopo un fallimento decretato da un pronunciamento negativo dell'ufficio per la concorrenza nel 2006, la casa editrice Springer Verlag, che pubblica tra gli altri la Bild Zeitung, il tabloid di strada che è anche il girnale più letto in Germania, riprova ad entrare nel mercato televisivo cercando di acquisire una parte del canale via cavo N24. Questo canale appartiene al gruppo televisivo ProSieben-Sat1, con sede a Monaco di Baviera, che, assieme ad RTL è uno dei due principali attori nel panorama televisivo privato tedesco.

Ancora non c'è nulla di definitivo, ma lo Springer Verlag ha presentato ricorso contro la decisione dell'autority per la concorrenza che intendeva evitare la nascita di un colosso praticamente monopolistico nel settore della raccolta pubblicitaria e in ambito di mass media.

martedì 20 novembre 2007

Cambio direttore allo Spiegel

Aust cacciato dai suoi dipendenti. il più grosso settimanale tedesco cerca un sostituto


Stefan Aust guida dal 1994 lo Spiegel, quello che si autodefinisce Deutschlands bedeutendstes und Europas auflagenstärkstes Nachrichtenmagazin [Il più importante settimanale di informazione della Germania e quello con la tiratura più grande d'Europa].

Il contratto di Aust scade il 31 dicembre 2008, eppure nei giorni scorsi, mentre lui si trovava in vacanza in Asia, gli editori del giornale hanno deciso di mettersi alla ricerca di un sostituto.

L'importanza dello Spiegel in Germania


Antje Vollmer, una delle menti migliori dei Verdi tedeschi, ha detto nel 1992 che lo Spiegel aveva perso importanza e acquistato potere. Antje Vollmer si riferiva alla fine della cosiddetta era Augstein, il padre fondatore della rivista, il cui primo numero era apparso nel 1947. Questa tendenza sembra venire confermata da uno studio condotto un paio di anni fa dall'università di Amburgo che rivela come l'importanza dello Spiegel sia in realtà diminuita. Tra oltre 1500 giornalisti intervistati, infatti, solo il 33,8% indicava nello Spiegel la rivista di riferimento del giornalismo tedesco, relegandolo al secondo posto dietro alla Süddeutsche Zeitung, il quotidiano di Monaco di Baviera. Questo dato colpisce ancora di più perché ai tempi della frase appena citata di Antje Vollmer circa due terzi dei giornalisti affermavano che lo Spiegel rappresentasse il prodotto giornalistico di riferimento per loro (i dati di questo studio sono riportati da Wikipedia).

I rapporti di potere all'interno dello Spiegel


Organigramma del gruppo Spiegel Verlag
Lo Spiegel è il fiore all'occhiello dello Spiegel-Verlag Rudolf Augstein GmbH & Co. KG, con sede ad Amburgo. Nel 1974 Rudolf Augstein, fondatore della casa editrice, regalò il 50% della sua società ai suoi collaboratori e nel 2002, alla sua morte, stabilì nel proprio testamento che ai suoi eredi non dovesse toccare una quota sufficiente ad avere un pacchetto azionario in grado di bloccare le decisioni all'interno dell'azienda. Gli eredi ricevettero quindi il 24% (invece del 25%) del capitale. La società di controllo dei dipendenti dello Spiegel detiene la maggioranza assoluta con il 50,5% e il restante 25,5% è in mano ad una società controllata dalla Bertelsmann.

L'era di Stefan Aust


Quando Stefan Aust nel 1994 prende in mano le sorti della rivista, lo Spiegel deve fare i conti con la concorrenza agguerrita di Focus, un settimanale concepito chiaramente come alternativa allo Spiegel, non tanto negli argomenti trattati, ma nel modo di trattarli, nello stile (articoli più corti, linguaggio meno pomposo) e nel pubblico a cui si rivolgeva.

Sotto la sua direzione lo Spiegel ha accusato un cambio di rotta, con correzione verso destra. Molti lettori hanno infatti notato, parafrasando una dichiarazione di Augstein ("Liberal, im Zweifelsfalle links" - liberale, nel dubbio a sinistra) come il settimanale nell'ultimo quindicennio sia diventato Neoliberal, im Zweifelsfalle rechts [neoliberale, nel dubbio di destra].

Nonostante i modi poco ortodossi della sua cacciata e l'assurdità che una delle più importanti riviste del panorama giornalistico tedesco si trovi di fatto senza timoniere e con nessun sostituto in vista, molti, all'interno dello Spiegel, sembrano salutare con sollievo questo epilogo. Aust viene infatti accusato di avere metodi poco collegiali, di privilegiare giornalisti accomodanti alla sua linea e punire giornalisti meno plasmabili. Ad Aust non ha giovato neppure quello che è uno dei suoi più grandi successi e cioè lo sviluppo del canale televisivo Spiegel-TV, a cui ha continuato a dedicarsi troppo anche quando, nel 1994, ha assunto il ruolo di caporedattore dello Spiegel. I contrasti con gli editori del settimanale erano già stati evidenti nel 2005, quando la società che controlla le azioni in mano ai dipendenti e gli eredi di Augstein gli avevano rinfacciato una mancanza di qualità nel servizio informativo. A questo proposito si incolpa Aust, ad esempio, di non aver mai pubblicato un solo articolo sull'energia eolica, di cui è acerrimo nemico, oppure di aver sfruttato il giornale per una campagna personale contro la fabbrica della Airbus sorta ad Amburgo per la produzione di parti del modello A380.

Dal primo gennaio 2009 Aust non sarà più il caporedattore ufficiale dello Spiegel e conoscendolo c'è da credere che non accetterà di sopravvivere questi tredici mesi come re sotto scacco, preferendo quindi dare le dimissioni e lasciare il settimanale che, dietro a quello che a molti è sembrato un impacciato e dilettantesco Putsch, ha la grande possibilità di tornare ad essere il monumento del panorama giornalistico tedesco.

venerdì 9 novembre 2007

18 anni senza muro

Come ormai hanno detto e ridetto tutti, la generazione del 1989, quella che non ha conosciuto il muro, diventa maggiorenne. Soprattutto a loro vorrei proporre il ricordo di quello che è stato quel muro e di come negli anni '60, alcuni ragazzi italiani si sono "scavati" un posticino nella Storia.
L'intervista che vi propongo è con Ellen Sesta, autrice del libro Tunnel in die Freihet (in italia uscito da Garzanti con il titolo Il tunnel della libertà), moglie di Domenico Sesta, uno dei due ragazzi italiani protagonisti di un'avventura incredibile. Per ricordare.


L'intervista è tratta da RADIazione, il Podcast italo-tedesco della Freidrich-Alexander-Universität di Erlangen e Norimberga: ascolta.

mercoledì 24 ottobre 2007

UE: la Volkswagen si puo comprare

La corte di giustizia europea cassa la legge che protegge il colosso automobilistico tedesco


In questi giorni di intenso lavoro sono contento che Germanynews abbia già dato la notizia e spiegato il nocciolo della questione, così io mi posso riservare solo qualche commento veloce.


La cosiddetta legge Volkswagen (VW-Gesetz) venne emanata nel 1960 per porre fine in realtà alla turbolenta contesa sorta dopo la seconda guerra mondiale fra lo stato federale, il Land di competenza (la Bassa Sassonia), e i sindacati, dal cui scioglimento forzato durante il nazionalsocialismo era venuta una buona parte dei mezzi finanziari che erano serviti a far crescere l'azienda al tempo di proprietà statale. Al paragrafo 2 di questa legge si stabilisce la famosa clausola del 20%, già illustrata da Germanynews. A questo punto è interessante notare come la legge avrebbe dovuto proteggere la Volkswagen dall'acquisizione da parte di investitori stranieri. Ora, invece, la Volkswagen verrà acquisita da Porsche, che negli ultimi mesi, prevedendo la sentenza della corte europea, aveva già provveduto a comprare grosse quantità di azioni della VW. Con questo pronunciamento da Bruxelles l'11% di azioni "inutili" di Porsche (31%, di cui appunto finora solo il 20% con diritto di voto e rappresentanza) acquistano enormemente di valore. E ora che sono stati rimossi tutti gli ostacoli, sembra che la piccola Porsche voglia prendersi tutta la grande Vokswagen. Vi immaginate la Ferrari che si compra la FIAT?

venerdì 12 ottobre 2007

Eva Herman: le reazioni

Le vicende della discussa giornalista tedesca scatenano il dibattito


Mentre i mezzi di informazione italiani, guidati dalla nota del TG5, brillano ancora una volta per il modo non proprio edificante in cui svolgono il proprio lavoro e mostrano nel migliore dei casi l'incapacità di chi è preposto a farlo di spiegare qualcosa al proprio pubblico, l'opinione pubblica tedesca si è lasciata andare ad un dibattito molto intenso, ma anche molto interessante.


Un breve riassunto dei fatti


Eva Herman è stata per oltre tre lustri uno dei volti più popolari della televisione pubblica tedesca. Il suo volto, inoltre, è legato al Tagesschau, il principale telegiornale della nazione e quindi in un certo senso alla persona si tendono ad associare le caratteristiche che si riconoscono nella trasmissione di cui fa parte, che nel caso della Tagesschau sono sicuramente la serietà, la ricerca di obiettività e il rifiuto deciso di qualsiasi concessione alla leggerezza o ai pettegolezzi.


Da ormai alcuni mesi però, la signora Herman è balzata agli onori delle cronache per una serie di dichiarazioni che hanno dato di lei un'immagine assolutamente contrastante con quella che il pubblico tedesco si era fatta negli anni. Eva Herman si è inserita (o ha contribuito a scatenare) la polemica sugli aiuti per l'educazione dei figli in tenerissima età. Ha difeso posizioni a volte ultraconservatrici, propugnando un modello di famiglia presessantottino, con una divisione chiara dei ruoli all'interno del nucleo familiare: l'uomo al lavoro, la donna in casa. E ha cominciato una seconda carriera come pubblicista e saggista, riuscendo subito a raggiungere notevoli successi di vendite per i suoi libri.


Le critiche nei suoi confronti si sono fatte sempre più pesanti e pressanti e la frase che ho riportato nel post precedente sembra essere stata la causa ufficiale del licenziamento che l'ha allontanata alcune settimane fa dalla televisione pubblica con l'accusa, più o meno apertamente formulata, di apologia del nazismo.


Che se ne parli bene o se ne parli male, l'importante è che se ne parli e la bufera scatenata dal caso ha contribuito senza dubbio a far salire le vendite de Il principio arca di Noé, il suo ultimo libro (il cui sottotitolo è "Perché dobbiamo salvare la famiglia").
Alcuni giorni fa la signora Herman è stata ospite di Johannes B. Kerner, il Talkshow del secondo canale della televisione pubblica tedesca, la ZDF. Kerner, il giornalista che dà il nome al Talkshow, uno dei più importanti e prestigiosi della Germania, aveva oltre alla signora Herman altri 4 ospiti: il comico Mario Barth, l'attrice Senta Berger, la presentatrice Margarethe Schreinemakers e il professor Wolfgang Wippermann, docente di storia contemporanea presso la libera università di Berlino.

Il tema della serata avrebbe dovuto essere, stando alla presentazione che ha fatto lo stesso Kerner, la divisione dei ruoli nella società tra uomo e donna, invece fin da subito si è trasformato in un processo a Eva Herman, una specie di "tutti contro uno". Alla signora Herman non è stata data la possibilità di spiegare le sue idee, ma solo quella di ritrattare, di ammettere che aveva sbagliato a pronunciare la frase incriminata. Poiché la signora Herman ha difeso la sua posizione continuando a dirsi vittima di una campagna di diffamazione portata avanti dall'intera opinione pubblica, Kerner ha deciso di pregare la sua ospite di lasciare lo studio.


Le reazioni dell'opinione pubblica e del mondo dei blog


Il Rauswurf [la cacciata] ha trovato posto naturalmente in tutti i giornali e in tantissime trasmissioni televisive. Se la ZDF sembra essersi trincerata dietro una difesa compatta del comportamento di Kerner, i commenti della stampa sono più differenziati. Il Tagesspiegel, giornale di tendenze progressiste della capitale, critica apertamente il comportamento di Kerner:

Sobald rechte Argumente ausgesprochen werden, versagt das öffentlich-rechtliche Fernsehen komplett. Es tut so, als könne man über rechte, tatsächlich oder vermeintlich nazinahe Thesen nicht diskutieren [...] Was Kerner mit Herman veranstaltete, war keine Diskussion, sondern eine Hexenverbrennung, bei der Kerner sich selber auf billigstmögliche Weise zum Gottkönig der politischen Korrektheit zu stilisieren versuchte.

[Il servizio televisivo pubblico fallisce non appena si pronunciano tesi di destra. Esso si comporta come se fosse effettivamente possibile non discutere su tesi di destra, siano esse effettivamente avvicinabili al nazionalismo o meno [...] Ciò che Kerner ha fatto con la Herman non era una discussione, ma un rogo come quelli delle streghe, attraverso il quale lo stesso Kerner ha tentato di profilarsi nel modo più meschino come signore assoluto del politically correct.]

Il giornale conservatore FAZ si mantiene più neutro, concludendo il suo commento con queste parole:

Doch es war ein fragwürdiger Triumph des Moderators über eine angeschlagene Gegnerin, die nicht klug genug war, sich diesen Auftritt zu ersparen. Ob gewollt oder nicht: Spätestens jetzt ist Eva Herman zur Märtyerin all jener geworden, die überzeugt davon sind, dass es in diesem Land kein Recht auf freie Rede gebe.

[Ma è stato un successo discutibile di un presentatore contro un'avversaria già indebolita, che non è stata abbastanza smaliziata da capire che era meglio risparmiarsi questo incontro. Che fosse voluto o meno, al più tardi a partire da ora Eva Herman è diventata la martire di tutti quelli che sono convinti che in questo Paese non ci sia libertà di parola.]

In questa citazione della Frankfurter Allgemeine Zeitung l'autore dell'articolo usa una forma verbale [gebe] che denota il suo voler prendere distanza da questa affermazione e quindi il non essere sostanzialmente d'accordo con quanti sostengono la tesi della mancanza di libertà di parola. Egli riconosce però al tempo stesso che questo episodio ha fornito ai sostenitori di questa posizione un argomento inconfutabile a loro favore.

Sulla stessa lunghezza d'onda si rivela anche Andreas Zielcke per la Süddeutsche Zeitung:

Der Eklat, den Eva Hermans Rauswurf aus der Sendung darstellt, ist entgegen dem ersten Anschein kein Eklat, der ihr allein in die Schuhe zu schieben ist, es ist ein Debakel des Moderators und seiner weiteren Gäste. Er ist vor allem symptomatisch für das Unvermögen zum öffentlichen Streit, wenn es um das deutsche Tabu geht.

[Lo scandalo rappresentato dalla cacciata di Eva Herman dalla trasmissione, si rivela, contrariamente a quanto sembrava ad una prima occhiata, non essere affatto uno scandalo di cui lei sola porta la responsabilità: è una debacle del presentatore e dei sui altri ospiti. E diviene soprattutto sintomatico dell'incapacità di lasciarsi andare ad un pubblico dibattito quando si tratta del tabù [della storia] tedesca.]


Ad una veloce occhiata la blogosfera italiana si dimostra più informata e più obiettiva nel suo giudizio sulla Herman di quanto lo sia la stampa italiana. Senza la pretesa di esaustività e men che meno di rappresentatività, vorrei però elencare alcuni post sull'argomento, come quell,o a mio parere, intelligente di Sandro su BigBlog e quelli, sempre a mio parere, più discutibili
di Catastrofe che riporta un virgolettato errato, di
Globali che, nonostante le buone intenzioni, riporta virgolettati sbagliati e credo che dimostri di non aver visto veramente la trasmissione, o i tanti, come Io volevo l'araba felice, che hanno semplicemente riportato l'articolo di Taino sul corriere della sera


Ricordo una frase del mio libro di storia delle medie (penso che fosse di Voltaire): non condivido ciò che dici ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.

Credo che la democrazia tedesca sia matura e sicura abbastanza per potersi permettere di ragionare così.

giovedì 11 ottobre 2007

Eva Herman: è cosi difficile discutere delle sue idee?

Ex giornalista della televisione pubblica accusata di difendere posizioni naziste


Molta stampa italiana ha ripreso il caso di Eva Herman, ex giornalista di punta del primo canale della televisione pubblica licenziata dal proprio datore di lavoro in seguito ad una dichiarazione rilasciata dalla Herman ad Amburgo in occasione di una presentazione del suo ultimo libro:

Wir müssen den Familien Entlastung und nicht Belastung zumuten und müssen auch eine Gerechtigkeit schaffen zwischen kinderlosen und kinderreichen Familien. Und wir müssen vor allem das Bild der Mutter in Deutschland auch wieder wertschätzen lernen, das leider ja mit dem Nationalsozialismus und der darauf folgenden 68er-Bewegung abgeschafft wurde. Mit den 68ern wurde damals praktisch alles das, alles, was wir an Werten hatten, es war eine grausame Zeit, das war ein völlig durchgeknallter, hochgefährlicher Politiker, der das deutsche Volk ins Verderben geführt hat, das wissen wir alle, es ist damals eben auch das, was gut war, und das sind Werte, das sind Kinder, das sind Mütter, das sind Familien, das ist Zusammenhalt - das wurde abgeschafft.

[Fonte: Welt.de]

[Dobbiamo aiutare le famiglie e non caricarle ulteriormente e dobbiamo creare giustizia tra le famiglie ricche di bambini e quelle che di bambini non ne hanno. E soprattutto dobbiamo imparare a restituire valore alla figura della madre, una figura che purtroppo con il nazionalsocialismo e con il seguente movimento del '68 è stata cancellata. Con il '68 è stato [cancellato] praticamente tutto, tutti quelli che erano i nostri valori. [Il nazionalsocialismo] è stato un periodo orribile, c'era un politico [Hitler] completamente pazzo e pericolosissimo che ha condotto il popolo tedesco alla perdizione, questo lo sappiamo tutti. [E] in quel periodo [il '68] è stato cancellato anche quello che [del nazionalsocialismo] era buono. E parlo di valori, di bambini, di madri, di famiglie, di coesione familiare.]


La citazione è da un discorso a braccio, ha quindi alcune incongruenze sintattiche, ma credo di essere riuscito, nella traduzione, a restituire il senso originale. Al momento non ho tempo di commentare, ma ci tenevo a fornire materiale originale per la discussione.

giovedì 4 ottobre 2007

Free Burma!

Questo non è propriamente il tema del blog, ma credo ne valga la pena.



Free Burma!

martedì 2 ottobre 2007

Il cielo diviso (sopra Mödlareuth)

Ovvero: come un paese di 50 anime è entrato nella Storia


Mödlareuth è un piccolo paesino sperduto tra la Turingia e la Baviera dove vivono un mezzo centinaio di persone. Visto dall'alto, oggi, questo angolo di Germania si presenta così:


Visualizzazione ingrandita della mappa

Gli americani hanno assegnato a Mödlareuth, questo paesino a metà strada tra Bayreuth e Gera, un soprannome che spiega molto bene il motivo per cui esso occupa a pieno titolo un posto nei libri di storia: lo hanno ribattezzato "Litte Berlin", alludendo al fatto che, come la capitale tedesca, anche questo villaggio è stato diviso dal confine tra la Repubblica Federale Tedesca e la Repubblica Democratica Tedesca per oltre 40 anni.


Una divisione lunga quattro secoli


Mödlareuth fu divisa ufficialmente già nel XVII secolo, quando da qui si stabilì di far passare il confine tra due dei tanti Stati in cui era divisa allora la Germania, ma la divisione rimase per lungo tempo quasi solo una linea tracciata sulla carta che aveva poche ripercussioni sulla vita degli abitanti del posto. Dopo la dissoluzione del Sacro Romano Impero ad opera di Napoleone da qui si decise di far passare la linea di demarcazione tra il regno di Baviera e il principato di Reuß. La gente del posto continuò tuttavia a frequentare la stessa chiesa, a mandare i propri figli nella stessa scuola e a ritrovarsi per mangiare e far festa nell'unica locanda del paese.


Nel 1945, dopo la fine della guerra, la zona a nord della linea di confine passò sotto il protettorato russo, mentre quella a sud finì sotto il controllo degli americani. Già a partire dal 1952 il governo della Repubblica Democratica Tedesca iniziò a proteggere con delle barriere il confine che attraversava Mödlareuth, difeso prima da una staccionata (1952), poi dal filo spinato (1958) e infine (dal 1966) da un muro in cemento.


A differenza del muro a Berlino, a Mödlareuth-Est (per chiarezza, anche se geograficamente si trova a Nord) non era neppure permesso salutare con la mano e non vi erano Check Points.
Un mese esatto dopo la caduta del muro, i Mödlareuthesi ottennero che venisse aperto un varco nel muro per permettere il passaggio pedonale tra le due parti del villaggio. La distruzione del muro avvenne l'anno seguente, il 17 giugno 1990 (altra data dal forte valore simbolico per il richiamo alla sollevazione operaria del 17 giugno 1953 a Berlino Est); solo un piccolo pezzo venne risparmiato ed è oggi parte integrante del Deutsch-deutsches Museum di Mödlareuth.

lunedì 1 ottobre 2007

Gabriele Pauli e Klaus Wowereit: il pettegolezzo entra in politica

[Seconda parte]

Klaus Wowereit prossimo candidato SPD per il posto di cancelliere?


Anche se un po' in ritardo riprendo il discorso iniziato nell'ultimo post sul pettegolezzo come arma politica in Germania. Dopo aver parlato di Gabriele Pauli, che ha saputo sfruttare al meglio le occasioni offertele dalla campagna elettorale per l'elezione del nuovo segretario generale della CSU, vediamo ora la figura di Klaus Wowereit, sindaco in carica di Berlino, che alcuni giorni fa era finito sui giornali per aver dichiarato che la Germania è ormai pronta per un cancelliere omosessuale.


Chi è Klaus Wowereit?


Klaus Wowereit (SPD), sindaco in carica di Berlino (Immagine di Wikipedia)

Klaus Wowereit è nato a Berlino nel 1953. Dopo gli studi in giurisprudenza presso la Freie Universität di Berlino si è dedicato sempre più intensamente all'attività politica, che lo occupava già dalla giovinezza. Nel 2001, dopo una veloce e brillante carriera, è diventato sindaco di Berlino, carica che ricopre tutt'ora. Dal 1993 è legato sentimentalmente al neurochirurgo Jörn Kubicki, di dodici anni più giovane di lui.


È stato proprio durante la campagna elettorale del 2001 che Wowereit ha scelto di fare outing, dichiarando la propria omosessualità con una frase da allora citata molto spesso:

Ich bin schwul – und das ist auch gut so!
[Sono omosessuale - ed è bene che sia così!]

Da quel momento è cominciata l'ascesa di Wowereit sulla scena politica nazionale, un'ascesa contrassegnata da un quasi proverbiale presenzialismo a feste, inaugurazioni, occasioni mondane (con addirittura due comparse nel ruolo di se stesso in una serie televisiva e in un film), mostre e fiere. Nel 2006 ha poi annunciato ufficialmente di voler aspirare ad un ruolo di peso nella politica nazionale.


La lunga rincorsa

Alla luce di quanto appena detto non stupisce quindi l'uscita di Wowereit ripresa dai media secondo cui la Germania sarebbe pronta per un cancelliere omosessuale, dichiarazione che equivale a presentare la propria candidatura per il ruolo di capo del governo alle prossime elezioni politiche. Sul modo e sui tempi di questa autocandidatura si lasciano trarre, a mio avviso, alcune conclusioni:


  • Wowereit ha saputo usare la propria omosessualità ancora una volta a suo favore. Nel 2001, quando dichiarò le proprie tendenze apertamente, riuscì in questo modo a togliere all'opposizione un possibile argomento di discredito. Oggi usa la sua omosessualità come messaggio positivo. Agendo in questo modo egli sembra inoltre suggerire al subconscio del lettore che un voto contro di lui sarebbe una sorta di voto contro il progresso e lo stato di giusta tolleranza verso la comunità gay raggiunto in questi ultimi anni in Germania.
  • Usando questo argomento, Wowereit tenta di sganciare il giudizio su di lui da criteri essenzialmente politici, per portare il confronto elettorale su un piano più umano, a lui certamente più congeniale. Come sindaco di Berlino Wowereit può contare su un bilancio pieno di luci e ombre. Da una parte infatti ha restituito alla capitale tedesca una vivacità e un'importanza a livello culturale che non teme confronti con le altre grandi metropoli mondiali, dall'altra ha però ereditato una situazione finanziaria disperata e in oltre sei anni di governo non è riuscito a migliorare di molto lo stato pietoso delle casse municipali. Addirittura Berlino ha tentato (invano) sotto Wowereit di dichiarare bancarotta per potere avere un accesso più ampio a finanziamenti statali.
  • Anche il tempismo con cui Wowereit ha espresso la sua candidatura a cancelliere si rivela ben studiato. Egli cerca infatti di inserirsi nella lotta scoppiata da alcune settimane all'interno del suo partito, la SPD, da tempo in crisi di fiducia e alla ricerca di una leadership in grado di riportarlo ai livelli del 1998. L'attuale segretario del partito, Kurt Beck, è stato più volte accusato di mancanza di polso; il partito soffre la nascita della formazione populistica die Linke, dell'ex socialdemocratico Lafontaine e vive una lacerazione interna fra l'ala sinistra, favorevole ad un ritorno alle radici socialdemocratiche e l'ala più moderata, che ancora si riconosce nella cosiddetta Agenda 2010 (programma di riforma in campo economico e sociale) dell'ex cancelliere Gerhard Schröder.

Il 2007 è l'ultimo anno privo di elezioni a livello regionale. Dal 2008 inizia così la lunga lotta per il miglior posizionamento in vista delle elezioni politiche del 2009. Vediamo fino a che punto arriverà Wowereit.

venerdì 21 settembre 2007

Gabriele Pauli e Klaus Wowereit: il pettegolezzo entra in politica

Erotismo ed omosessualità per la scalata al potere


In questi giorni, mentre si mantiene teso il clima attorno al dibattito sulle misure antiterrorismo (l'uscita del ministro tedesco della difesa Jung meriterebbe un post: vediamo se ce la faccio), due personaggi hanno contribuito ad italianizzare un po' di più l'austera politica tedesca. Sono da una parte Gabriele Pauli (CSU), assessore provinciale di Fürth, città operaia del nord della Baviera, e Klaus Wowereit (SPD), dal 2001 sindaco di Berlino.

La prima riempie da mesi le prime pagine dei giornali con argomenti a metà tra il gossip e la politica, mentre il secondo si è aggiunto in questi giorni, dichiarando le proprie aspirazioni al ruolo di cancelliere della Germania legandolo all'osservazione che la Germania è ormai matura per un capo del governo gay. La stampa italiana ha ripreso queste uscite senza spiegare più di tanto il background in cui si vanno ad inserire e relegandole così a macchie di colore stonate nel quadro della politica seria e seriosa della Germania.

Gabriele Pauli: una donna che sa usare i media


Gabriele Pauli (CSU), assessore provinciale di Fürth, in Franconia. Gabriele Pauli, cinquant'anni portati molto bene, capelli rosso fuoco, aspetto giovanile e ammiccante, è salita alla ribalta delle cronache quando, verso la fine dello scorso anno, ha iniziato una battaglia personale contro il primo ministro bavarese Edmund Stoiber che ha portato alle dimissioni di quest'ultimo dopo 13 anni a capo della CSU e quindi alla guida della Baviera.
La battaglia contro Stoiber: Pauli come arma di Beckstein e Huber

Pauli si è fatta portavoce di un malessere che era molto diffuso nella CSU, partito-padrone della Baviera (sempre al potere dal dopoguerra, alle ultime elezioni ha raggiunto una maggioranza attorno al 60%), in cui Stoiber si comportava sempre più da monarca assoluto. Non bisogna però credere alla versione dei fatti che riporta spesso la stampa (vedi ad esempio la ricostruzione molto semplicistica di Taino sul corriere online del 21 settembre. Gabriele Pauli è stata usata (io sono convinto che si sia lasciata usare) come testa d'ariete per aprire un varco, ma il rovesciamento di Stoiber non sarebbe mai stato possibile se non vi fosse stato il volere politico della classe dirigente della CSU, a partire da quello che è destinato a prenderne il posto, il norimberghese Günther Beckstein, che non ha mai perdonato a Stoiber di aver rinunciato al ministero per l'economia nel governo nazionale guidato da Angela Merkel. Beckstein, che da anni ricopre il ruolo di ministro dell'interno della Baviera, sarebbe diventato capo del governo bavarese una volta che Stoiber avesse accettato l'incarico a Berlino. Stoiber rinunciò all'ultimo momento al dicastero spedendoci Michael Glos (ne abbiamo già parlato brevemente in un altro post) e Beckstein, che già si vedeva seduto sulla poltrona di Stoiber, rimase a fare il ministro degli interni. La vendetta è arrivata puntuale circa un anno dopo, quando, dopo aver constatato che Stoiber non era disposto a farsi da parte con le buone, una congiura di membri di grosso calibro della CSU, guidati da Beckstein e Huber, ha trovato in Gabriele Pauli la persona adatta ad aumentare la pressione su Stoiber. Pauli, semplice assessore provinciale, non avrebbe infatti mai potuto godere della risonanza di cui ha goduto, se non avesse avuto l'appoggio del vertice del partito. La politica di Fürth che ha un dottorato di ricerca in scienze politiche con una tesi svolta sulle Public Relations, ha colto l'occasione della sua vita e nel giro di pochi mesi è diventata una star.

Ha cominciato a dire che la base del partito voleva un ricambio al vertice e ha finito per accusare Stoiber di averla fatta spiare. Il partito le ha dato corda, amplificando le sue dichiarazioni e così quella che era cominciata come la lamentela di una sconosciuta politica di provincia è diventata una valanga inarrestabile. A febbraio di questo anno Stoiber ha annunciato che avrebbe rinunciato al suo incarico di primo ministro bavarese prima della fine della legislatura.

L'operazione di Beckstein e Huber si concluderà fra pochi giorni, quando il primo diventerà capo del governo bavarese e il secondo capo del partito. A questo punto Gabriele Pauli ha capito che rischiava di ritornare nell'anonimato da cui era venuta e ha deciso di giocare le sue carte, sfruttando la popolarità raggiunta per continuare a far parlare di sé. Sono arrivate quindi le cosiddette foto osé (osé per il gusto tedesco, se mi è consentito: si veda l'esempio pubblicato qui a fianco) Una delle foto osé di Gabriele Pauli, Copyright: Financial Times Deutschland e poi l'annuncio di volersi candidare alla presidenza del partito. Il tutto fuori dalle regole classiche della politica tedesca. Il motto di Pauli sembra essere quello di berlusconiana memoria: "bene o male, l'importante è che se ne parli". In questo contesto si inserisce la proposta dei matrimoni a tempo, che la stampa italiana (corriere, giorno, euronews) ha ripreso in questi giorni. Questa proposta fa parte del suo programma con il quale l'avvenente cinquantenne vuole candidarsi alla presidenza della CSU: una proposta assurda, fatta in un partito che si fa promotore dei valori cattolici e della tradizione. La proposta è chiaramente fatta apposta per provocare shock, per elevare l'indignazione e per attirarsi le critiche e il veleno della satira e infatti chi ha visto la conferenza stampa di Gabriele Pauli non ha potuto non notare il sorriso sornione che cercava di tenere a bada la rossa Gabriele. In breve la proposta è stata fatta per finire sulle prime pagine dei giornali, cosa non riuscita né a Huber, né a Seehofer, l'altro candidato alla presidenza. Le elezioni saranno vinte da Huber, su questo non sembrano esserci dubbi, ma questo sembra non importare molto a Gabriele Pauli, che sa di poter continuare a far carriera solo slegando la politica da se stessa. Per questo cavalca i temi che "fanno audience": tanto gossip, un po' di erotismo e una buona dose di falso femminismo (sostiene che le donne devono contare di più nella maschilista CSU, ma poi si presenta in un modo tutt'altro che femminile, in formato "domina" e "donna-oggetto-del-desiderio"). A prescindere dai contenuti, la signora ci sa fare...


[1. Continua...]

martedì 18 settembre 2007

In vacanza durante i primi giorni di scuola: interviene la polizia

Fanno marinare i primi giorni di scuola ai figli: genitori denunciati


Alcuni giornali non hanno mancato di dar risalto alla notizia che durante la prima settimana di scuola in Baviera un'operazione della polizia di Norimberga ha portato alla denuncia di oltre cento casi di ragazzi che hanno marinato la scuola.


Secondo quanto riportato dai media, la polizia della metropoli francone avrebbe fermato decine di famiglie con figli in età scolare all'aeroporto di Norimberga che stavano rientrando dalle vacanze a scuole già iniziate.


La legge in questi casi è molto severa e i genitori che volessero tenere a casa i figli per andare in vacanza fuori dai periodi di alta stagione devono richiedere autorizzazione scritta del preside della scuola frequentata dai figli, permesso che di solito non viene rilasciato.


Interrogati sui motivi del loro operato, i genitori sembrano essersi prodigati alla ricerca di scuse più o meno plausibili, dicendo di avere ottenuto il famigerato permesso o asserendo che il figlio si era ammalato in vacanza e perciò si era reso necessario un rientro posticipato. Delle oltre cento famiglie fermate nessuna è stata però in grado di produrre la certificazione necessaria allo scagionamento.


Bayerische Schulschwänzer-Initiative: l'iniziativa bavarese contro chi marina la scuola


E mentre queste famiglie attendono di sapere a cosa vanno incontro (si parla di una multa), lo stato Bavarese dichiara che non intende ammorbidire la linea dura che da anni tiene nei confronti dei ragazzi che saltano la scuola.


Proprio pochi giorni fa il ministro dell'interno della Baviera, Günther Beckstein (CSU), ha diffuso i risultati del lavoro della polizia in questo ambito. Secondo quanto annunciato da Beckstein nello scorso anno scolastico la polizia ha beccato oltre 2100 studenti che stavano marinando la scuola. Nella maggior parte dei casi la polizia ha agito in seguito alla segnalazione della scuola stessa. Studenti che erano in giro senza una giustificazione durante le ore di lezione sono stati accompagnati dalla volante della polizia direttamente a scuola.


Leggendo mi è venuto in mente quel mio compagno di liceo che tutti gli anni a febbraio si ammalava una settimana e se ne tornava dalla malattia abbronzato come se avesse fatto la settimana bianca...

giovedì 6 settembre 2007

La Germania fra il terrorismo di ieri e quello di oggi

30 anni di lotta al terrorismo


Il 5 settembre 1977 la RAF (Rote Armee Fraktion), un gruppo terroristico di estrema sinistra rapiva il presidente dell'associazione degli industriali tedeschi, Hanns Martin Schleyer. L'azione fu violentissima: il commando terroristico sparò pìù di cento colpi, uccidendo l'autista e la scorta di Schleyer.
Questo rapimento è l'inizio del Deutscher Herbst, il cosiddetto "autunno tedesco".

Deutscher Herbst: l'autunno caldo tedesco


Dopo 44 giorni di trattative, in cui i terroristi chiesero invano la liberazione di undici detenuti della RAF, il corpo privo di vita di Schleyer fu ritrovato nel baule di una macchina in Alsazia. Nel frattempo il cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt e il suo cabinetto di crisi si trovarono a fronteggiare anche il dirottamento dell'aereo della Lufthansa "Landshut", partito da Maiorca il 13 ottobre; un dirottamento conclusosi con la liberazione degli 86 passeggeri a seguito dell'irruzione di forze speciali di polizia dopo un'odissea di cinque giorni. Il dirottamento del Landshut non fu opera della RAF, ma di terroristi del Fronte Popolare di Liberazione Palestinese che però legarono la loro azione anche alla battaglia del terrorismo rosso tedesco.
Tre mebri della RAF (Andreas Baader, Gudrun Ensslin e Jan-Carl Rasper), in carcere in regime di massima sicurezza a Stoccarda e di cui con il rapimento di Schleyer si voleva ottenere la liberazione, morirono in cella nella stessa notte della liberazione del "Landshut". Ufficialmente si parlò di suicidio, ma ancora oggi non sono stati diradati tutti i dubbi sulla versione ufficiale; dubbi alimentati già al tempo, tra gli altri, dagli avvocati dei terroristi in carcere, tra cui Otto Schily, che oltre vent'anni dopo entrerà a far parte come ministro dell'interno del governo rosso-verde guidato da Schröder.

L'azione terroristica della RAF doveva continuare fino alla fine degli anni '90, quando gli esponenti della cosiddetta terza generazione decisero di sciogliere l'organizzazione. In un documento arrivato il 20 aprile 1998 al Bundes Kriminalamt si legge:

Vor fast 28 Jahren, am 14. Mai 1970, entstand in einer Befreiungsaktion die RAF. Heute beenden wir dieses Projekt. Die Stadtguerilla in Form der RAF ist nun Geschichte (Fonte: Wikipedia.de)

[Quasi 28 anni fa, il 14 maggio 1970, in un'azione di liberazione nacque la RAF. Oggi noi poniamo fine a quel progetto. La guerrilla cittadina nella forma della RAF fa ora parte della storia]

La nuova faccia del terrorismo


Il terrorismo politico degli anni settanta ha lasciato spazio negli ultimi anni al cosiddetto terrorismo internazionale, specie quello di matrice islamica. Questo cambiamento non ha risparmiato neanche la Germania, che per alcuni anni aveva creduto di godere di una specie di bonus dovuto all'aperto atteggiamento di miscredenza rispetto alla politica americana in Iraq e culminato con il rifiuto dell'ex cancelliere Schröder di partecipare alla seconda guerra del Golfo.

Ora sembra che le forze di polizia siano riuscite ad arrestare tre presunti terroristi che stavano preparando un attacco sul suolo tedesco con un quantitativo di esplosivo enormemente superiore a quello usato a Madrid. L'arresto dei tre giovani (tutti sotto i 28 anni) è avvenuto il 5 settembre scorso.

5 settembre 1977- 5 settembre 2007: solo una coincidenza?


La notizia dell'arresto dei tre presunti terroristi tedeschi ha avuto una vasta eco anche in Italia e non necessita, credo, di ulteriori informazioni. L'unico punto da precisare mi sembra quello relativo alla pericolosità dell'attentato: ai media italiani (vedi ad esempio il Giornale) è sfuggito il fatto che la polizia aveva da tempo provveduto a sostituire la miscela esplosiva con un preparato innocuo. Quello su cui però vorrei tentare di ragionare è la valenza politica di questo arresto.


Innazitutto la data: il 5 settembre era il trentesimo anniversario del rapimento di Schleyer. Tutti i media hanno ricordato l'evento. I giornali sono usciti con inserti speciali e molte pagine dedicate alla ricorrenza. I principali canali televisivi non hanno mancato la ricorrenza presentando approfondimenti e film. In un certo senso il ricordo del terrorismo rosso di trenta anni fa ha creato così una maggiore sensibilità al tema in generale e aperto la strada per tantissimi confronti e parallelismi. In secondo luogo il dibattito politico sul terrorismo, portato avanti da mesi all'interno e all'esterno della coalizione di governo è arrivato ora all'apice. Uno dei punti di maggior scontro è quello del livello di controllo che si vuole permettere allo stato, di cui forse la misura simbolo per eccellenza è la cosiddetta Online Durchsuchung cioè la possibilità per le forze dell'ordine di controllare, senza avvisare l'interessato, il computer di ogni persona sospetta. Sulla validità e operabilità tecnica del progetto (troiani allegati a mail di istituzioni) non mi pronuncio, anche se ho parecchi dubbi, ma sull'uso strumentale degli arresti del 5 settembre scorso mi sento di esprimere alcune critiche.

Il progetto di spiare segretamente il contenuto di computer di privati cittadini sulla base di un sospetto viene portato avanti con vigore e insistenza da Schäuble, ministro dell'interno della CDU, che da sempre si batte per una presenza più forte dello stato e delle forze dell'ordine nella vita quotidiana del popolo tedesco (in questo senso va intesa anche la sua ricorrente proposta di modifica costituzionale per permettere l'utilizzo dell'esercito per operazioni di polizia all'interno dei confini tedeschi). Dal punto di vista politico, poi, l'osservazione segreta online si presenta come un tema assai complicato, perché richiede da una parte un lavoro di persuasione all'interno della stessa CDU/CSU e perché, per via dei dubbi di costituzionalità, è legato anche alla ricerca di un'amplissima maggioranza in grado di approvare eventuali riforme costituzionali che si rendessero necessarie per la sua messa in atto. Inoltre, fra pochi mesi, inizia una serie di elezioni politiche regionali che vengono viste come il principio della prossima campagna elettorale nazionale. Una legge che vada a ledere in maniera così evidente e massiccia i diritti dei cittadini in prossimità di elezioni così importanti è quindi da raggiungere solo con il maggior consenso possibilie della popolazione e dell'opinione pubblica.

È proprio qui che si inserisce la ricorrenza del deutschen Herbst legata all'arresto dei tre presunti terroristi. L'autunno del '77 ha portato con sé un pacchetto di leggi speciali che lo stato si diede per combattere il terrorismo. I terroristi arrestati furono tenuti in un regime di assoluta isolazione, furono limitati i loro diritti e regolamentata in modo restrittivo la comunicazione con i loro avvocati. Cioè lo Stato non esitò ad intaccare la libertà del singolo cittadiino per dotarsi delle armi necessarie a vincere la battaglia contro il terrorismo rosso. Ora la storia si ripete. Davanti al pericolo del terrorismo, anche se di altra natura, il governo vorrebbe dotarsi di poteri speciali per poter meglio rispondere alla nuova minaccia che oggi viene certamente da persone che non lavorano più con il ciclostile. In un dibattito caldo da mesi, inserito in una prospettiva storica dall'anniversario del rapimento di Schleyer, si incastra perfettamente l'arresto dei tre ragazzi che stavano preparando un attentato sul suolo tedesco.

Impatto dell'arresto sull'opinione pubblica tedesca


Come è già successo con la regolamentazione del trasporto di liquidi in aereo dopo i (presunti) attentati sventati in Inghilterra, anche questo fatto ha contribuito in maniera notevole a cambiare l'umore dell'opinione pubblica. Se, infatti, fino alla fine di agosto la maggioranza, almeno a livello politico, era contraria alla online Durchsuchung (vedi ad esempio l'articolo di Heise.de), gli arresti del 5 settembre hanno rivoltato le statistiche e ora sembra che il 58% dei tedeschi sia favorevole.

Schäuble, il regista neanche troppo occulto dellintera operazione legata all'arresto dei presunti terroristi islamici sembra aver giocato bene le sue carte, visto che ora ha dalla sua non solo l'opinione pubblica, ma anche alcuni politici dell'opposizione, come Ehrhart Körting, l'equivalente del ministro degli interni del Land di Berlino.

giovedì 2 agosto 2007

La nuova legge antifumo entra in vigore (da qualche parte...)

Il primo di agosto è entrata in vigore in 3 Bundesländer (Baden-Württemberg, Niedersachsen e Mecklenburg-Vorpommern) una nuova legge antifumo. Un tentativo di imporre una legge antifumo sul modello di quella italiana e spagnola a livello federale era fallito in primavera quando il governo si era accorto che le competenze in materia erano state delegate completamente ai singoli Länder nell'ambito della riforma federalistica dello stato tedesco.
Su questo argomento presentiamo un testo arrivatoci in questi giorni.




Gentile 1poddanubio,

vi seguo da tempo e vi stimo per il coraggio che avete nel portare avanti una controinformazione seria, staccata dagli schemi del potere, ideologicamente libera e non supina al richiamo inebriante del capitale. Ho apprezzato molto i vostri servizi sul campo: inchieste illuminanti su temi scottanti condotte da giornalisti brillanti, scattanti, ingombranti e mai accomodanti e per questo motivo vi scrivo. Vorrei che vi occupaste di un fatto gravissimo accaduto il primo di agosto al confine tra la Baviera e il Baden Württemberg.
Sembra incredibile, ma 18 anni dopo la caduta del muro di Berlino in Germania è sorto un nuovo muro. Esattamente come il suo predecessore questa costruzione infame divide in due una città. Esattamente come allora, anche questo muro è stato eretto nel corso di una notte. Allo scattare della mezzanoltte del primo di agosto, infatti, una barriera invalicabile ha diviso la città di Ulm dalla sua anima gemella, Neu Ulm.
Un poliziotto di confine fugge dall'altra parte della città Io personalmente ho assistito a scene allucinanti. Gente che scappava di corsa dalle birrerie per sfuggire alle persecuzioni, gente che al confine veniva brutalmente fatta scendere dagli autobus. Addirittura ho visto un poliziotto di confine che, dopo essersi guardato attorno, ha lanciato la pistola e compiuto un grande balzo oltre il filo spinato. Subito al di là della demarcazione ha salutato la libertà accendendosi una sigaretta.

Sì, perché dal primo di agosto in metà della città vige la legge antifumo, nell'altra metà, invece, che si trova in suolo bavarese, si può ancora affumicare e morire di cancro ai polmoni in santa pace.

Nella parte badenwürttemberghese della città è scoppiato il caos. La polizia ha tentato di arrestare la ciminiera del bruciatore della locale Stadtwerke, per evidente infrazione della legge vigente. Inoltre dai negozi sono stati banditi nel giro di poche ore tutti gli attrezzi atti all'accensione di sigari, sigarette, spinelli e pipe.Ponte aereo su Berlino | Berliner Luftbrücke - © Bildarchiv Preußischer Kulturbesitz La metà città bavarese ha assicurato sostegno immediato alla popolazione dall'altra parte del muro istituendo un ponte aereo con il compito di distribuire accendini. Il presidente americano ha telefonato al sindaco e gli ha detto "Ich bin ein Ulme". La Donaustrasse, che fino al 31 luglio fa collegava le due parti della città, è stata bloccata. La parte est della strada è stata ribattezzata in Bernauerstrasse. Un americano di nome Charlie ha montato un Check Point sull'isola in mezzo al Danubio. Un vecchio ex politico, tale Schabowski, si è offerto come mediatore tra le due parti. Afferma di essere riuscito a tirare giù già anche l'altro muro. Ovunque piccoli eserciti di volontari hanno cominciato a scavare dei tunnel per andare a recuperare i compagni di canne. Nei tunnel si sono però già avute 74 collisioni tra ulmiti tabagiofili dell'ovest che scappavano a est e ulmiti antitabagisti orientali che scappavano ad occidente. Ambasciata tedesca a PragaIntanto quattro profughi sono riusciti a raggiungere il cortile del municipio di Neu Ulm. Nel cuore della notte, dopo lunghissime ed estenuanti trattative, il portinaio del comune è salito sul balcone e ha annunciato loro che è stata concessa loro un'ultima sigaretta, poi saranno riportati in patria. Udo Lindenberg ha annunciato di aver composto una nuova canzone, dal titolo Sonderbus nach Ulm.
Insomma, come vedete la situazione è preoccupante. Vi prego, parlatene almeno voi!
Hasta siempre!
Albert E. di Ulm

martedì 31 luglio 2007

La malattia italiana della politica tedesca

Un articolo de La Stampa sul bilancio di metà governo dell'esecutivo Merkel


Sulla versione online de La stampa è uscito il 30 luglio un interessante articolo di Carlo Bastasin che tenta di tracciare un bilancio dei primi due anni di governo dell'esecutivo guidato dalla cancelliera Angela Merkel e prova a formulare alcune ipotesi di sviluppo futuro.


Merkel dai due volti: forte in politica estera...


L'analisi si rivela a mio parere interessante e calzante, anche se forse non coglie la particolarità della prima donna tedesca a capo del governo federale della Germania. Angela Merkel ha mostrato a mio parere in questi due anni due volti ben diversi: in politica estera è riuscita a conquistarsi la fiducia di tutti e ha ottenuto risultati importanti, mostrando più attaccamento ai valori democratici del proprio predecessore Gerhard Schröder. Il semestre di presidenza europea e l'incontro dei G8 ad Heiligendamm sono stati prove difficili che la Merkel, a detta di tutta la stampa estera, ha superato brillantemente e dove non è ruscita ad ottenere risultati soddisfacenti le colpe non sono sue (vedi lo strappo della Polonia sulla Costituzione europea). La cancelliera tedesca ha inoltre avuto da subito il coraggio di parlare chiaramente con i partner scomodi ma irrinunciabili del proprio paese. Ha ricordato a Putin (che Schröder aveva definito "lupenreiner Demokrat", uno spirito democratico senza macchia) più volte e apertamente il valore dei diritti umani e ha espresso a Bush le sue perplessità per le scelte americane in Medio Oriente.


A livello europeo la Merkel ha però concesso troppo, a mio avviso, alla lobby automobilistica (molto forte in Germania) all'interno del dibattito sulla politica ambientale e di riduzione dei gas di scarico, opponendosi a limiti severi e vincolanti.


... e debole inpolitica interna


In politica interna, invece, Angela Merkel non gode della fiducia e della stima che le riconoscono la stampa e l'opinione pubblica internazionale. Il consenso a cui accenna anche Bastasin nel suo articolo è effettivamente alto, ma è ben lungi dal rendere bene il polso della situazione. Da una parte la cancelliera si fa forte di uno sviluppo economico notevole, con una grande ripresa in termini assoluti e con entrate fiscali a livelli da record, dall'altra si vede confrontata con una serie di problemi che né lei né la sua coalizione di governo sembrano in grado di risolvere.


La fermezza che le viene riconosciuta a livello internazionale non viene percepita nella vita politica interna, dove, anzi, la sua voce si fa sentire troppo poco. Troppo spesso i ministri dell'esecutivo litigano tra di loro e rendono ancora più marcata la sensazione di una mancanza di guida forte e decisa. È proprio lo spessore politico che le manca, l'autorevolezza per zittire tutte le prime donne dell'arena politica, dove può contare su sempre meno estimatori anche all'interno della propria frazione. Paradossalmente Angela Merkel ha infatti più problemi con i propri ministri che con quelli del partito di coalizione, la SPD. Jung, ministro della difesa, da l'impressione di essere costantemente fuori ruolo. Tiene un basso profilo più per necessità che per scelta e su tutte le decisioni importanti (vedi Afganistan) sembra non avere molta voce in capitolo. Seehofer e Glos sono della CSU, costola bavarese politicamente indipendente dei cristiano sociali e hanno al momento grossi problemi di leadership regionale. Soprattutto Glos soffre molto il fatto di essere un ripiego, cioè un candidato di riserva capitato per giochi più grandi di lui su un ministero importante come quello dell'economia. Ci sono poi il ministro della famiglia, Ursula von der Leyen, che da quasi un anno riceve costantemente critiche pesantissime da parte dei propri compagni di partito e vive quasi da separata in casa e Annette Schavan, che la riforma federale di questo governo ha definitivamente trasformato in inutile ministro dell'istruzione, in quanto il nuovo quadro di riferimento federale trasferisce tutte le competenze in tema di politica scolastica ai Länder federali. E infine c'è il ministro dell'interno, Wolfgang Schäuble, uno dei decani della politica tedesca, che però, ai tempi dello scandalo per i fondi neri del partito, la Merkel ha contribuito ad affondare assieme ad Helmut Kohl, impedendogli di aspirare a diventare Bundeskanzler, cancelliere federale.


Proprio la già accennata riforma federale ha sancito infine lo scoppio definitivo della guerra tra i vari livelli della CDU, divisa tra necessità politiche nazionali e interessi locali. Più volte il Bundesrat, la camera dei Länder, dominata dalla CDU, ha bocciato proposte di legge votate dal Bundestag, il parlamento nazionale, dove la stessa CDU è partito di maggioranza all'interno della coalizione di governo. L'esempio più paradigmatico è sicuramente quello della legge antifumo, che in primavera il governo ha approvato a maggioranza per poi scoprire di avere in realtà appena trasferito alle regioni la competenza per legiferare in materia. I Länder hanno rifiutato la proposta del governo e non sono riusciti a trovare l'accordo, con il risultato che ora entreranno in vigore 16 leggi diverse (le prima proprio domani, 1 agosto 2007).


Dal punto di vista della riforma dello stato sociale, Angela Merkel si vede confrontata con un bilancio difficile da interpretare. Gli esperti e il mondo economico hanno salutato positivamente l'innalzamento dell'età pensionabile a 67 anni. Molto meno ben disposta è stata però la reazione della gente comune, soprattutto di quelli che escono sconfitti dal corso di riforme delle ultime due legislature (i cosiddetti Hartz IV-Empfänger). A coronare il tutto c'è stata poi la riforma del sistema sanitario, che ha largamente mancato gli obiettivi che si era riproposta e che minaccia di svantaggiare nuovamente i ceti meno abbienti.


Prospettive per la fine della legislatura


L'articolo di Bastasin mette poi in guardia da un pericolo appena nato, quello della sinistra populista che cavalca lo scontento generato da queste riforme e propone lo scenario di coalizioni future sempre più legate ai singoli temi e libere dai laccetti ideologici. Se in linea di massima il discorso è accettabile, stupisce però l'estrema vicinanza che Bastasin vede tra la CDU e i verdi:


L’avvicinamento dei temi tra i due partiti infatti è straordinario: ambiente, clima, diritti umani, ruolo femminile, politiche della famiglia, vincoli generazionali, politica di bilancio



In realtà su quasi tutti questi temi la distanza tra i cristiano sociali della Merkel e i verdi è notevole. Sul clima e sull'ambiente la CDU sta tentando ancora di contrastare l'abbandono al nucleare deciso dal governo precedente e si mostra assai accondiscendente nei confronti dei poteri forti dell'industria, nicchiando spesso su vincoli severi in tema di emissioni inquinanti. Sui diritti umani proprio Schäuble, ministro degli esteri in carica, vuole imporre una serie di restrizioni che vanno sotto l'etichetta di "lotta al terrorismo" (vedi la perquisizione online non autorizzata e segreta dei computer) che non sono assolutamente conciliabili con le idee dei verdi. Sul ruolo femminile e la politica della famiglia, poi, abbiamo già detto come la ministra von der Leyen sia isolata nel proprio partito. Oltretutto va rimarcato come il dibattito sul ruolo della donna sia uno dei temi meno sentiti da un governo che è guidato da una donna (ma va notato che Angela Merkel ha accentuato la sua femminilità solo in campagna elettorale, per tornare poi, una volta eletta, a presentarsi come figura politica asessuata). I vincoli generazionali sono uno dei grandi temi su cui la coalizione si spaccherà (definitivamente?) nei prossimi due anni. Sulla politica economica e di bilancio infine, mi sembra che le differenze tra CDU e verdi siano forse ancora più notevoli che sugli altri temi, in quanto in questo campo l'impostazione ideologica è ancora troppo forte.


Certo, rimane il fatto che i sondaggi vedono i cristiano sociali piuttosto forti e i socialdmeocratici sempre più deboli. Rimane il fatto che la leadership di Guido Westerwelle, il capo dei liberali, verrà messa sempre più in discussione e che una sconfitta (in termini numerici, ma anche di non partecipazione al governo) alle prossime elezioni sarà per lui forse impossibile da gestire se non con le dimissioni e che la sinistra populista dei Linke ha in Lafontaine e Gysi due figure carismatiche, due grandi comunicatori che riusciranno a sfruttare il malcontento sociale degli strati esclusi dal boom economico di questi mesi.


A tutto questo daranno risposta i prossimi due anni che, su questo concordo con Bastasin, rischiano di italianizzare molto la politica tedesca.

martedì 24 luglio 2007

Italia e Germania: fine di un amore?

Convegno a Villa Vigoni: rapporti buoni, ma c'è un raffreddamento


Nell'ambito dell'Incontro dei giornalisti italiani e tedeschi - I media e la cultura tenutosi dal 12 al 15 luglio scorsi a Villa Vigoni, il centro italo-tedesco ospitato in una stupenda villa sulle rive del lago di Como, rappresentanti della stampa italiana e tedesca hanno discusso sullo stato dei rapporti tra l'Italia e la Germania non solo dal punto di vista economico e politico, ma anche a livello di presenza nei media.


Italia e Germania: il rapporto economico

Il rapporto tra i due paesi è cambiato innanzitutto dal punto di vista economico. Esso rimane imprtante, ma mostra segni di asimmetria crescente. La Germania rimane il partner commerciale più importante per l'Italia, mentre l'Italia scende nella scala dei paesi che fanno più affari con la Germania, dalla quarta posizione (nel 2004) alla sesta posizione al giorno d'oggi. Stando a quanto riporta la confederazione dell'industria alimentare tedesca, nel 2006 la Germania ha esportato in Italia merci per un valore complessivo di 59,8 miliardi di euro. La suddivisione delle merci per tipologia vede al primo posto il settore automobilistico; a seguire i settori meccanico, elettronico e chimico. In quinta posizione il settore alimentare.

Dall'Italia verso la Germania, nello stesso anno, sono uscite merci per un valore di poco inferiore ai 40 miliardi di euro, con una suddivisione per settori simile a quella appena accennata per la Germania. I tedeschi sono inoltre il settimo paese per investimenti in Italia (Fonte: ministero degli esteri tedesco).


Italia e Germania: il rapporto politico

Dal punto di vista politico, a parte le dichiarazioni di circostanza delle autorità ( Valerio de Parolis, intervenuto all'incontro di Villa Vigoni in rappresentanza del ministero degli Affari Esteri, ha affermato che "non è possibile parlare di raffreddamento tra i due Paesi". Italia e Germania "sono molto vicine in politica europea e stanno rafforzando la componente economica" [fonte: Alice News]), si può veramente affermare che dopo la fine del governo Berlusconi i rapporti si sono intensificati. Soprattutto in politica estera e sul tema dell'unificazione europea l'Italia e la Germania hanno idee e obiettivi molto simili. Stefan Ullrich, corrispondente dall'Italia per la Süddeutsche Zeitung, afferma che in questo momento a Roma c'è il governo più filogermanico di sempre, cosa che non stupisce, vista l'ammirazione che Romano Prodi ha sempre avuto per il sistema tedesco.


Italia e Germania nei media

Sesul piano politico politico il rapporto sembra essersi risvegliato, è però nella rappresentazione nei media e nella percezione della gente comune che il lungo amore tra Italia e Germania sembra essersi assopito. A livello generale credo si possano distiguere chiaramente alcuni punti che contraddistinguono i media e di riflesso l'immagine che un popolo ha dell'altro. Sia in Italia sia in Germania si assiste ad un disinteresse più marcato per i temi cosiddetti "importanti". Spesso le notizie dell'altro paese che vengono presentate sono scelte per catturare l'attenzione e finiscono così spesso per riprendere (e rafforzare) vecchi pregiudizi. Inoltre, come lamenta Heinz Joachim Fischer, corrispondente dall'Italia per la Frankfurter Allgemeine Zeitung, voce importante di uno dei giornali più prestigiosi della Germania, per il popolo tedesco l'Italia e gli italiani hanno perso l'appeal che avevano una volta.


In un incontro tenutosi a metà maggio di quest'anno a Trento alla Fondazione Bruno Kessler, si è ceracto di analizzare proprio il perché di un lento ma progressivo indebolimento del rapporto tra Italia e Germania. La colpa sembra ricadere prevalentemente sul nostro Paese, incapace di modernizzarsi, di reinventarsi e di presentarsi preparato alle sfide del mondo moderno. Un articolo di Giampaolo Visetti per Repubblica riporato da Blogosfere riassume così lo stato delle cose:

La Germania ha capito che è inutile perdere tempo con l'Italia. Alla fine degli anni Ottanta, Roma non ha compreso il significato della disintegrazione sovietica e ha perso il treno della riunificazione tedesca. Con l'era di Berlusconi, Fini e Bossi, i sepolti stereotipi antiitaliani sono riesplosi nella nuova repubblica di Berlino. Ma se oggi si parla meno di Italia in Germania, non è causa dell'opzione americana del quinquennio forzista: è perchè, dell'Italia, si parla sempre meno in tutto il mondo.


Copertina del settimanale Spiegel del luglio 1976

A livello culturale la presenza dell'Italia in Germania sembra accusare colpi rispetto, ad esempio, a quella spagnola, trainata dal grande fascino dell'America Latina e da una politica culturale accorta e ben finanziata da parte di Madrid (chi ha visto un Istituto Cervantes sa di cosa parlo). L'immagine dell'italiano e dell'italianità in Germania sta tornando ad essere quella di 30 anni fa (proprio oggi è il trentennale della famosa copertina dello Spiegel, con una pistola a condire un piatto di spaghetti): l'articolo razzista di Achilles sullo Spiegel dello scorso anno in occasione dei mondiali (articolo non più disponibile online, che accusava gli italiani di essere parassiti. Una versione in pdf è disponibile nel blog di Gennaro Sposato) è sintomo di un modo di vedere mutato a livello generale. I tedeschi sono diffidenti nei confronti degli italiani e non credo sia un caso se hanno tradotto il titolo del film di Moretti Il Caimano, in uscita in questi giorni nelle sale tedesche, in "Der Italiener".


Più che una traduzione, un giudizio morale.