domenica 7 dicembre 2008

Fenomenologia del mercatinista di Natale

Alle Jahre wieder...


I Venite Adoremus: quelli che, cascasse il mondo, quando aprono i mercatini di Natale, loro tornano bambini. Per loro i mercatini sono un luogo sacro. Ne varcano la soglia e si fanno il segno della croce. Camminano stando attenti a non fare troppo rumore. Le loro corde vocali sono in grado di riprodurre tutte le variazioni foniche di ogni qualsiasi esclamazione di stupore. 
Ai proprietari degli stand il Venite Adoremus piace poco perché è logorroicamente prodigo di sguardi, soffre di exclamatio precox convulsiva e reiterata, ma è stiticamente avaro nelle spese.

I subprime: quelli che lo sanno che al mercatino non ci dovrebbero andare, perché il mutuo, perché la rata della macchina, perché la retta dell'asilo, perché gli aumenti delle utenze, perché il contratto a termine eccetera eccetera.
Ma li vedete sempre lì, con l'espressione malinconica di un bimbo felice che sa di dover essere triste. Rispondono alle tue occhiate con lo sguardo truce di chi dice: "Te ne freghi di me per tutto il resto dell'anno. Perché non mi lasci in pace anche ora?"

I vin brülettari: quelli che con i mercatini sono cresciuti. Dividono il mondo in "noi" e "quelli". Quelli sono turisti, "noi" sono gli autoctoni. E non autoctoni della zona: sono autoctoni del mercatino di Natale, della piazza, del miscelatore di vino caldo e speziato. Per loro l'essenza del mercatino è uscire dal lavoro la sera e andare a bere un vin brüle con i colleghi o gli amici. Tutto il resto è cornice. Inspiegabile, ma carina.

I nipponensi: quelli che esprimono alla massima potenza l'ingenuità americana e la curiosità giapponese. Tanti li deridono, alcuni li fotografano e nessuno ha capito che sono anche gli unici che permettono a tutti gli stand che non vendono vin brüle di campare e quindi ai mercatini di perpetuare il rito annuale della loro esistenza: comprano candele a quintali, palle di vetro a metri cubi e addobbi di paglia come rotoballe, neanche avessero in gestione le stalle di Augia. Casa loro dev'essere un misto tra una cappella votiva e un film dell'orrore. Ma loro ci stanno bene.

Gli alloctoni culturali: quelli che fanno vedere a chilometri di distanza con quali pregiudizi sono partiti. Vanno a Norimberga convinti di andare a Ortisei, vestiti come se dovessero andare sulle piste da sciare; ci rimangono male perché non trovano neanche un Sanbernardo con la botticina attaccata al collo e appena tornano a casa si lamentano con l'operatore turistico che gli ha venduto il pacchetto perché non c'era la neve. E, se c'era, era poca e sporca.

I GT (Gran Touristi): quelli che durante l'anno sono sempre malatini, ma quando è ora di fare il Gran Tour ritrovano insperato vigore. Per il ponte dell'Immacolata infilano in serie i mercatini di Trento, Bolzano, Bressanone, Innsbruck, Monaco, Augusta e Norimberga. I migliori, dopo anni di allenamento, riescono a farci rientare anche Rothenburg o.d. Taube. La monotonia dei mercatini li galvanizza, poi tornano a casa e la monotonia della vita li deprime di nuovo.

Gli snob: quelli che i mercatini sono cose da popolino. Loro sono di intelligenza superiore e la utilizzano negli undici mesi in cui i mercatini non ci sono per inventarsi scuse plausibili per andarci lo stesso. Fanno finta di essere sorpresi se ti incontrano, quando è evidente che ti hanno pedinato. Ti avvicinano e ti attaccano un chilometrico bottone perché tu sei la giustificazione della loro presenza peccaminosa in questa bidonville amorale e perversa della società. 
Per rimarcare la distanza con l'ambiente che li circonda, parlano di politica e di tasse o al massimo ti chiedono un consiglio bibliografico per un regalo di Natale. Ma solo saggistica, please!