lunedì 26 maggio 2008

Italia-Germania: l'ennesima tappa di un rapporto tormentato

Nel poco tempo a disposizione abbiamo citato nei giorni scorsi due articoli che mettono in evidenza quello che la stampa tedesca pensa dell'Italia. Ora arriva la risposta, sempre sulla Süddeutsche Zeitung, ad opera del nostro ambasciatore a Berlino, Antonio Puri Purini.

Nel lungo articolo di risposta, Purini si ritrova in pochi mesi a dover prendere per la seconda volta posizione in un dibattito nell'opinione pubblica sul ruolo e la figura dell'Italia. E a dire quello che una persona nel suo ruolo direbbe.
In contemporanea scoppia la polemica, soprattutto in Italia e guarda caso poco prima di un appuntamento importante come gli europei di calcio, sugli stereotipi più biechi a cui fa ricorso Media Markt in una serie di spot.
Sui video vorrei dire solo che il loro scopo è quello di far parlare di sé, di aiutare a vendere, non di creare una cultura della tolleranza. Non sono un trattato accademico. Possono dare fastidio, come a qualcuno ha dato fastidio lo spot lavazza di Bonolis e Laurentis in cui un personaggio maccheronicamente tedesco condensa in pochi secondi gli stereotipi più triti sui crucchi. Cose del genere vanno giudicate per quanto riescono a far vendere un prodotto, non per il loro valore didattico e didascalico. 
Capisco che qualcuno si sia arrabbiato, ma il problema va cercato altrove. Proprio là dove si impantana Puri Purini. Che sottolinea giustamente i forti rapporti commerciali tra l'Italia e la Germania, ma si perde quando arriva a trattare quello che tutti possono toccare con mano: la cultura e il modo di vivere dell'Italia e degli italiani. Puri Purini si attacca, come facciamo un po' tutti quando i tempi present sono bui, alla luce dei tempi passati. Citare la traduzione del Vasari tra le opere italiane letterarie in corso di pubblicazione non è certo un complimento alla nostra produzione odierna. Chi ha letto il libro in originale sa di cosa parlo. 
Dire che ci sono quasi 300 mila tedeschi che studiano l'italiano è dire una mezza verità presentandola dal suo lato migliore: la maggior parte di loro sono anziani. I giovani non sono attirati dall'italiano. E così, sparita la generazione dei facoltosi pensionati di oggi, la parabola inizierà la sua curva discendente. E mentre la Germania, "paese di Wagner", come dice Puri Purini, è riuscito a produrre un fenomeno musicale giovane come i Tokio Hotel, in Germania la musica italiana è ferma a Verdi e Puccini. E per lo scudetto del Bayern Monaco il pezzo più moderno che si può dedicare a Luca Toni è "Azzurro". Niente contro Celentano, per carità. Ma è minestra cotta quarant'anni fa.
Quest'anno abbiamo centenari importanti come quello di Pavese e di Guareschi. Gli Istituti Italiani di Cultura in Germania brillano per assenza, disorganizzazione, miopia e programmi imbastiti controvoglia e senza il becco di un quattrino. Risultato: non fosse per i tedeschi, che ci hanno pensato in proprio, uno dei più grandi scrittori del '900 e lo scrittore italiano più venduto nel mondo  sarebbero passati sotto silenzio. 
Insomma, i soliti temi. I soliti problemi. Le solite risposte. Sbagliate, signor Puri Purini. Sbagliate.