martedì 31 luglio 2007

La malattia italiana della politica tedesca

Un articolo de La Stampa sul bilancio di metà governo dell'esecutivo Merkel


Sulla versione online de La stampa è uscito il 30 luglio un interessante articolo di Carlo Bastasin che tenta di tracciare un bilancio dei primi due anni di governo dell'esecutivo guidato dalla cancelliera Angela Merkel e prova a formulare alcune ipotesi di sviluppo futuro.


Merkel dai due volti: forte in politica estera...


L'analisi si rivela a mio parere interessante e calzante, anche se forse non coglie la particolarità della prima donna tedesca a capo del governo federale della Germania. Angela Merkel ha mostrato a mio parere in questi due anni due volti ben diversi: in politica estera è riuscita a conquistarsi la fiducia di tutti e ha ottenuto risultati importanti, mostrando più attaccamento ai valori democratici del proprio predecessore Gerhard Schröder. Il semestre di presidenza europea e l'incontro dei G8 ad Heiligendamm sono stati prove difficili che la Merkel, a detta di tutta la stampa estera, ha superato brillantemente e dove non è ruscita ad ottenere risultati soddisfacenti le colpe non sono sue (vedi lo strappo della Polonia sulla Costituzione europea). La cancelliera tedesca ha inoltre avuto da subito il coraggio di parlare chiaramente con i partner scomodi ma irrinunciabili del proprio paese. Ha ricordato a Putin (che Schröder aveva definito "lupenreiner Demokrat", uno spirito democratico senza macchia) più volte e apertamente il valore dei diritti umani e ha espresso a Bush le sue perplessità per le scelte americane in Medio Oriente.


A livello europeo la Merkel ha però concesso troppo, a mio avviso, alla lobby automobilistica (molto forte in Germania) all'interno del dibattito sulla politica ambientale e di riduzione dei gas di scarico, opponendosi a limiti severi e vincolanti.


... e debole inpolitica interna


In politica interna, invece, Angela Merkel non gode della fiducia e della stima che le riconoscono la stampa e l'opinione pubblica internazionale. Il consenso a cui accenna anche Bastasin nel suo articolo è effettivamente alto, ma è ben lungi dal rendere bene il polso della situazione. Da una parte la cancelliera si fa forte di uno sviluppo economico notevole, con una grande ripresa in termini assoluti e con entrate fiscali a livelli da record, dall'altra si vede confrontata con una serie di problemi che né lei né la sua coalizione di governo sembrano in grado di risolvere.


La fermezza che le viene riconosciuta a livello internazionale non viene percepita nella vita politica interna, dove, anzi, la sua voce si fa sentire troppo poco. Troppo spesso i ministri dell'esecutivo litigano tra di loro e rendono ancora più marcata la sensazione di una mancanza di guida forte e decisa. È proprio lo spessore politico che le manca, l'autorevolezza per zittire tutte le prime donne dell'arena politica, dove può contare su sempre meno estimatori anche all'interno della propria frazione. Paradossalmente Angela Merkel ha infatti più problemi con i propri ministri che con quelli del partito di coalizione, la SPD. Jung, ministro della difesa, da l'impressione di essere costantemente fuori ruolo. Tiene un basso profilo più per necessità che per scelta e su tutte le decisioni importanti (vedi Afganistan) sembra non avere molta voce in capitolo. Seehofer e Glos sono della CSU, costola bavarese politicamente indipendente dei cristiano sociali e hanno al momento grossi problemi di leadership regionale. Soprattutto Glos soffre molto il fatto di essere un ripiego, cioè un candidato di riserva capitato per giochi più grandi di lui su un ministero importante come quello dell'economia. Ci sono poi il ministro della famiglia, Ursula von der Leyen, che da quasi un anno riceve costantemente critiche pesantissime da parte dei propri compagni di partito e vive quasi da separata in casa e Annette Schavan, che la riforma federale di questo governo ha definitivamente trasformato in inutile ministro dell'istruzione, in quanto il nuovo quadro di riferimento federale trasferisce tutte le competenze in tema di politica scolastica ai Länder federali. E infine c'è il ministro dell'interno, Wolfgang Schäuble, uno dei decani della politica tedesca, che però, ai tempi dello scandalo per i fondi neri del partito, la Merkel ha contribuito ad affondare assieme ad Helmut Kohl, impedendogli di aspirare a diventare Bundeskanzler, cancelliere federale.


Proprio la già accennata riforma federale ha sancito infine lo scoppio definitivo della guerra tra i vari livelli della CDU, divisa tra necessità politiche nazionali e interessi locali. Più volte il Bundesrat, la camera dei Länder, dominata dalla CDU, ha bocciato proposte di legge votate dal Bundestag, il parlamento nazionale, dove la stessa CDU è partito di maggioranza all'interno della coalizione di governo. L'esempio più paradigmatico è sicuramente quello della legge antifumo, che in primavera il governo ha approvato a maggioranza per poi scoprire di avere in realtà appena trasferito alle regioni la competenza per legiferare in materia. I Länder hanno rifiutato la proposta del governo e non sono riusciti a trovare l'accordo, con il risultato che ora entreranno in vigore 16 leggi diverse (le prima proprio domani, 1 agosto 2007).


Dal punto di vista della riforma dello stato sociale, Angela Merkel si vede confrontata con un bilancio difficile da interpretare. Gli esperti e il mondo economico hanno salutato positivamente l'innalzamento dell'età pensionabile a 67 anni. Molto meno ben disposta è stata però la reazione della gente comune, soprattutto di quelli che escono sconfitti dal corso di riforme delle ultime due legislature (i cosiddetti Hartz IV-Empfänger). A coronare il tutto c'è stata poi la riforma del sistema sanitario, che ha largamente mancato gli obiettivi che si era riproposta e che minaccia di svantaggiare nuovamente i ceti meno abbienti.


Prospettive per la fine della legislatura


L'articolo di Bastasin mette poi in guardia da un pericolo appena nato, quello della sinistra populista che cavalca lo scontento generato da queste riforme e propone lo scenario di coalizioni future sempre più legate ai singoli temi e libere dai laccetti ideologici. Se in linea di massima il discorso è accettabile, stupisce però l'estrema vicinanza che Bastasin vede tra la CDU e i verdi:


L’avvicinamento dei temi tra i due partiti infatti è straordinario: ambiente, clima, diritti umani, ruolo femminile, politiche della famiglia, vincoli generazionali, politica di bilancio



In realtà su quasi tutti questi temi la distanza tra i cristiano sociali della Merkel e i verdi è notevole. Sul clima e sull'ambiente la CDU sta tentando ancora di contrastare l'abbandono al nucleare deciso dal governo precedente e si mostra assai accondiscendente nei confronti dei poteri forti dell'industria, nicchiando spesso su vincoli severi in tema di emissioni inquinanti. Sui diritti umani proprio Schäuble, ministro degli esteri in carica, vuole imporre una serie di restrizioni che vanno sotto l'etichetta di "lotta al terrorismo" (vedi la perquisizione online non autorizzata e segreta dei computer) che non sono assolutamente conciliabili con le idee dei verdi. Sul ruolo femminile e la politica della famiglia, poi, abbiamo già detto come la ministra von der Leyen sia isolata nel proprio partito. Oltretutto va rimarcato come il dibattito sul ruolo della donna sia uno dei temi meno sentiti da un governo che è guidato da una donna (ma va notato che Angela Merkel ha accentuato la sua femminilità solo in campagna elettorale, per tornare poi, una volta eletta, a presentarsi come figura politica asessuata). I vincoli generazionali sono uno dei grandi temi su cui la coalizione si spaccherà (definitivamente?) nei prossimi due anni. Sulla politica economica e di bilancio infine, mi sembra che le differenze tra CDU e verdi siano forse ancora più notevoli che sugli altri temi, in quanto in questo campo l'impostazione ideologica è ancora troppo forte.


Certo, rimane il fatto che i sondaggi vedono i cristiano sociali piuttosto forti e i socialdmeocratici sempre più deboli. Rimane il fatto che la leadership di Guido Westerwelle, il capo dei liberali, verrà messa sempre più in discussione e che una sconfitta (in termini numerici, ma anche di non partecipazione al governo) alle prossime elezioni sarà per lui forse impossibile da gestire se non con le dimissioni e che la sinistra populista dei Linke ha in Lafontaine e Gysi due figure carismatiche, due grandi comunicatori che riusciranno a sfruttare il malcontento sociale degli strati esclusi dal boom economico di questi mesi.


A tutto questo daranno risposta i prossimi due anni che, su questo concordo con Bastasin, rischiano di italianizzare molto la politica tedesca.

martedì 24 luglio 2007

Italia e Germania: fine di un amore?

Convegno a Villa Vigoni: rapporti buoni, ma c'è un raffreddamento


Nell'ambito dell'Incontro dei giornalisti italiani e tedeschi - I media e la cultura tenutosi dal 12 al 15 luglio scorsi a Villa Vigoni, il centro italo-tedesco ospitato in una stupenda villa sulle rive del lago di Como, rappresentanti della stampa italiana e tedesca hanno discusso sullo stato dei rapporti tra l'Italia e la Germania non solo dal punto di vista economico e politico, ma anche a livello di presenza nei media.


Italia e Germania: il rapporto economico

Il rapporto tra i due paesi è cambiato innanzitutto dal punto di vista economico. Esso rimane imprtante, ma mostra segni di asimmetria crescente. La Germania rimane il partner commerciale più importante per l'Italia, mentre l'Italia scende nella scala dei paesi che fanno più affari con la Germania, dalla quarta posizione (nel 2004) alla sesta posizione al giorno d'oggi. Stando a quanto riporta la confederazione dell'industria alimentare tedesca, nel 2006 la Germania ha esportato in Italia merci per un valore complessivo di 59,8 miliardi di euro. La suddivisione delle merci per tipologia vede al primo posto il settore automobilistico; a seguire i settori meccanico, elettronico e chimico. In quinta posizione il settore alimentare.

Dall'Italia verso la Germania, nello stesso anno, sono uscite merci per un valore di poco inferiore ai 40 miliardi di euro, con una suddivisione per settori simile a quella appena accennata per la Germania. I tedeschi sono inoltre il settimo paese per investimenti in Italia (Fonte: ministero degli esteri tedesco).


Italia e Germania: il rapporto politico

Dal punto di vista politico, a parte le dichiarazioni di circostanza delle autorità ( Valerio de Parolis, intervenuto all'incontro di Villa Vigoni in rappresentanza del ministero degli Affari Esteri, ha affermato che "non è possibile parlare di raffreddamento tra i due Paesi". Italia e Germania "sono molto vicine in politica europea e stanno rafforzando la componente economica" [fonte: Alice News]), si può veramente affermare che dopo la fine del governo Berlusconi i rapporti si sono intensificati. Soprattutto in politica estera e sul tema dell'unificazione europea l'Italia e la Germania hanno idee e obiettivi molto simili. Stefan Ullrich, corrispondente dall'Italia per la Süddeutsche Zeitung, afferma che in questo momento a Roma c'è il governo più filogermanico di sempre, cosa che non stupisce, vista l'ammirazione che Romano Prodi ha sempre avuto per il sistema tedesco.


Italia e Germania nei media

Sesul piano politico politico il rapporto sembra essersi risvegliato, è però nella rappresentazione nei media e nella percezione della gente comune che il lungo amore tra Italia e Germania sembra essersi assopito. A livello generale credo si possano distiguere chiaramente alcuni punti che contraddistinguono i media e di riflesso l'immagine che un popolo ha dell'altro. Sia in Italia sia in Germania si assiste ad un disinteresse più marcato per i temi cosiddetti "importanti". Spesso le notizie dell'altro paese che vengono presentate sono scelte per catturare l'attenzione e finiscono così spesso per riprendere (e rafforzare) vecchi pregiudizi. Inoltre, come lamenta Heinz Joachim Fischer, corrispondente dall'Italia per la Frankfurter Allgemeine Zeitung, voce importante di uno dei giornali più prestigiosi della Germania, per il popolo tedesco l'Italia e gli italiani hanno perso l'appeal che avevano una volta.


In un incontro tenutosi a metà maggio di quest'anno a Trento alla Fondazione Bruno Kessler, si è ceracto di analizzare proprio il perché di un lento ma progressivo indebolimento del rapporto tra Italia e Germania. La colpa sembra ricadere prevalentemente sul nostro Paese, incapace di modernizzarsi, di reinventarsi e di presentarsi preparato alle sfide del mondo moderno. Un articolo di Giampaolo Visetti per Repubblica riporato da Blogosfere riassume così lo stato delle cose:

La Germania ha capito che è inutile perdere tempo con l'Italia. Alla fine degli anni Ottanta, Roma non ha compreso il significato della disintegrazione sovietica e ha perso il treno della riunificazione tedesca. Con l'era di Berlusconi, Fini e Bossi, i sepolti stereotipi antiitaliani sono riesplosi nella nuova repubblica di Berlino. Ma se oggi si parla meno di Italia in Germania, non è causa dell'opzione americana del quinquennio forzista: è perchè, dell'Italia, si parla sempre meno in tutto il mondo.


Copertina del settimanale Spiegel del luglio 1976

A livello culturale la presenza dell'Italia in Germania sembra accusare colpi rispetto, ad esempio, a quella spagnola, trainata dal grande fascino dell'America Latina e da una politica culturale accorta e ben finanziata da parte di Madrid (chi ha visto un Istituto Cervantes sa di cosa parlo). L'immagine dell'italiano e dell'italianità in Germania sta tornando ad essere quella di 30 anni fa (proprio oggi è il trentennale della famosa copertina dello Spiegel, con una pistola a condire un piatto di spaghetti): l'articolo razzista di Achilles sullo Spiegel dello scorso anno in occasione dei mondiali (articolo non più disponibile online, che accusava gli italiani di essere parassiti. Una versione in pdf è disponibile nel blog di Gennaro Sposato) è sintomo di un modo di vedere mutato a livello generale. I tedeschi sono diffidenti nei confronti degli italiani e non credo sia un caso se hanno tradotto il titolo del film di Moretti Il Caimano, in uscita in questi giorni nelle sale tedesche, in "Der Italiener".


Più che una traduzione, un giudizio morale.

giovedì 19 luglio 2007

ARD e ZDF oscurano il Tour de France: non è mai troppo tardi per diventare coerenti

ARD e ZDF sospendono la diretta della Grande Boucle


La televisione pubblica tedesca reagisce all'ultimo caso di doping

Anche la stampa italiana ha riportato la notizia clamorosa della decisione dei due canali principali della televisione pubblica tedesca di sospendere la diretta delle tappe del Tour de France a seguito della positività al test antidoping del corridore della T-Mobile Patrik Sinkewitz.


I fatti


Prima di capire la portata e il valore di questa decisione, per cui è necessario aspettare le controanalisi di Sinkewitz, previste al massimo tra 10 giorni e, soprattutto, conoscere meglio i retroscena della storia, mi sembra doveroso riportare alcuni fatti:


  • a quanto sembra la televisione pubblica tedesca, che aveva già minacciato di non trasmettere il tour, è ritornata sui suoi passi solo dopo aver discusso con le squadre tedesche presenti al tour;
  • a seguito dell'assicurazione ottenuta dalle squadre tedesche (T-Mobile e Gerolsteiner in primis) di corridori assolutamente puliti, i due canali televisivi avrebbero firmato un contratto con gli organizzatori del Tour che prevede un recesso in caso di doping conclamato dei partecipanti al Tour:
  • T-Mobile ha introdotto come prima squadra (e unica al momento, credo) un sistema di controlli interno basato sul ocntrollo del volume del sangue e, dopo l'esclusione di Jan Ullrich lo scorso anno e le confessioni degli ex corridori del team Aldag, Zabel e Jaksche, ha cercato più di ogni altra società di lavorare alla propria immagine, presentandosi con una formazione giovane e nuova, volutamente lontana dalla "vecchia guardia";
  • fedele al compito informativo che si era posta, la televisione pubblica tedesca é stata la prima a smascherare il lassismo con cui l'UCI ha fatto i controlli antidoping nei primi giorni del Tour, documentando mancanze e inadempienze ingiustificabili da parte dell'organizzazione;
  • ARD e ZDF hanno rinunciato ad un avvenimento molto seguito e su cui puntano molto per ringiovanire il proprio pubblico (che è in media il più vecchio tra tutti i canali televisivi tedeschi);
  • i diritti televisivi pagati dalla ARD e dalla ZDF per la diretta del Tour sembrano ammontare ad un terzo della somma totale. La televisione tedesca è dunque, dopo quella francese, la più importante per la Grande Boucle dal punto di vista degli introiti;
  • Per scelta a partire da questo Tour la televisione pubblica tedesca ha rifiutato di ospitare ex ciclisti in veste di commentatori tecnici, non potendo garantire sul loro passato da professionisti del pedale.

ARD non sempre così esemplare


Tra rimorsi di coscienza e strategia di mercato

A prima vista il gesto della televisione tedesca sembra essere quindi un estremo atto d'amore verso uno sport così importante, al di fuori di ogni logica commerciale ed economica. Una decisione che dovrebbe far riflettere anche la RAI e i suoi entusiastici commentatori.

A completare il quadro sopra descritto, però, bisogna aggiungere, non per sminuire la portata del gesto, ma per inserirlo in un contesto completo, che soprattutto la ARD è da tempo accusata di essere stata complice accomodante delle pratiche illecite che hanno caratterizzato la storia della T-Mobile (quando era ancora Deutsche Telekom) negli anni del suo boom ciclistico. La ARD è stata infatti per 7 anni cosponsor della Telekom e da un po' di tempo a questa parte viene accusata di avere con troppa indulgenza soprasseduto quando si trattava di informare l'opinione pubblica sulle voci di doping nel ciclismo e all'interno della propria quadra. Soprattutto nel caso di Jan Ullrich, la televisione di stato è stata una delle ultime a capitolare, mostrando di voler ancora credere alla favola raccontata dall'ex professionista di Rostock che asseriva di aver ricevuto droga da uno sconosicuto in discoteca.


Ora la mossa della televisione pubblica tedesca sembra rivolta a distanziarsi dall'appoggio verso uno sport che nessuno più considera credibile, nella paura che la fama di poca crdibilità venga estesa anche al canale televisivo. Un'operazione, quindi, che porta forse rinunce economiche (in termini di pubblicità) sul momento, ma che permette, sul lungo periodo, di conquistare la fiducia degli spettatori. Che sono poi quelli che muovono le curve dello share.

venerdì 13 luglio 2007

L'influenza delle chiese tedesche sulla vita politica del paese

Mixa: il vescovo che vuole il creazionismo nei piani di studio


Mons. Mixa, vescovo cattolico della città di Augusta, ha contribuito a rialzare un polverone che si era ormai calmato sul tema del creazionismo a scuola. Il titolare episcopale della diocesi bavarese è riuscito per la seconda volta in pochi mesi a catapultarsi nel cuore di un dibattito, o meglio, a diventare oggetto del dibattito stesso, pur non avendo contribuito a far nascere il dibattito stesso.


Un vescovo recidivo: la polemica sulla famiglia

La prima volta mons. Mixa era balzato agli onori delle cronache per la critica che aveva rivolto alla politica del ministro per la famiglia, Ursula von der Leyen (dei cristiano-sociali), che aveva combattutto una coraggiosa battaglia per ottenere un aumento dei fondi a disposizione per l'assistenza pubblica dei bambini in asili nido già a partire dal primo anno di vita. Per una serie di motivi complessi, infatti, la Germania ha un servizio pubblico in questo settore che è fortemente sotto la media dei paesi europei. Dal dopoguerra ad oggi accudire i figli in età prescolare è sempre stata una prerogativa della famiglia. Una prerogativa che, a fronte di una situazione sociale profondamente mutata (maggiore flessibilità, necessità di lavorare per entrambi i genitori, maggior numero di divorzi e di madri sole, minor disponibilità delle famiglie di origine ad aiutare), si sta trasformando in una condanna. Anche un partito conservatore come la CDU, a cui il ministro von der Leyen appartiene, ha preso coscienza di questo e, pur con parecchie difficoltà, sta cercando di formulare proposte di interventi sociali che siano al passo coi tempi.


Mons. Mixa si è inserito di prepotenza nel dibattito sul potenziamento degli asili nido (il ministro von der Leyen voleva inserire nella costituzione il diritto di ogni bambino ad avere un posto gratuito in un asilo nido) invitando lo stato a non intromettersi in queste cose, perché l'educazione dei piccoli è compito delle madri: togliere loro i figli subito dopo la nascita per affidarli all'educazione dello stato equivale a degradare le donne a macchine da parto (Gebärmaschine). Su questo tema invito a leggere anche il post di Gennaro Sposato, vice segretario dei DS Germania (Il post contiene anche un commento di Giovanni Boggero, di Germanynews, di opinone contraria.)


La polemica sul creazionismo

La seconda polemica che mons. Mixa è riuscito a cavalcare (ripeto, non a mettere in moto e questo è un aspetto che riprenderemo alla fine di questo post) riguarda l'introduzione del creazionismo nei piani di studio di biologia per le scuole superiori.


Creazionismo a scuola? cronologia del dibattito

Queste le date e gli avvenimenti principali del dibattito sul tema:


  • All'inizio di luglio un documento della Commissione Cultura del Consiglio d'Europa mette in evidenza, tra l'altro, che il creazionismo viene tollerato in alcune scuole superiori dell'Assia, come riporta la SZ del 2 luglio.
  • A questo reagisce il ministro per l'istruzione dello stato federale dell'Assia, Karin Wolff, che ha proposto di inserire il creazionismo nei piani di studio di biologia per le scuola superiori.
  • La proposta ha subito incassato le critiche di parecchi rappresentanti di varie forze politiche. A favore si è però espresso il Capo del governo dell'Assia, il cristiano sociale Roland Koch, compagno di partito della ministra.
  • Mentre la chiesa evangelica, per la quale Karin Wolff ha lavorato come insegnate di religione prima di entrare in politica, ha duramente criticato la proposta, mons. Mixa si è espresso positivamente sull'argomento. Da parte cattolica è da segnalare inoltre anche l'appoggio alle idee di Karin Wolff da parte di un teologo che si pone in modo diametralmente opposto al vescovo di Augusta, cioè Hans Küng.


Mentre Küng ha ridimensionato la notizia, chiarendo forse per primo che Karin Wolff non intendeva essere cavallo di troia dei creazionisti con la sua proposta, mons. MIxa ha cavalcato per la seconda volta in pochi mesi una polemica montata dai media per presentarsi come il paladino dell'intransigenza cattolica. In questo modo ha messo però a nudo la sua difficoltà e la difficoltà della chiesa cattolica tedesca di guidare il dibattito morale e politico. Il monsignore di Augusta si ritrova ora a dover difendere le sue posizioni, un compito scomodo reso ancora più difficile dal fatto che il ministro citato ha fatto pubblica ammissione, pochi giorni fa, di omosessualità, comparendo ad una festa pubblica con la sua compagna di vita. L'intransigente vescovo cattolico e la protestante lesbica... Siamo curiosi di vedere come ne uscirà questa volta mons. MIxa.



lunedì 9 luglio 2007

Alcool: tolleranza zero per i neopatentati

Alcool al volante: dall'1/08 la patente a rischio per i giovani


Con la votazione favorevole della camera dei Länder la Germania ha approvato una legge restrittiva che prevede tolleranza zero nei confronti dei neopatentati sopresi alla guida con tracce di alcool nel sangue.


Neopatentati: cosa dice la legge tedesca


La legge introduce il livello zero, cioè il divieto assoluto di bere per chi si mette alla guida e ha la patente da meno di due anni o non a ancora compiuto i 21 anni. Per chi non si attiene alle regole sono previste multe fino a 125 euro, che in Germania è una somma piuttosto alta per una multa, due punti (su venti totali) sulla patente, e la sospensione della patente (se il livello di alcool supero lo 0,5 per mille).


Alcool alla guida: Il confronto tra il codice stradale tedesco e italiano


Le misure restrittive in Italia sono certamente più draconiane: uno studio presentato da Repubblica mostra come sulle infrazioni legate alla guida in stato di ebrezza accertate dalla polizia stradale in Italia tra il 1 luglio 2003 (entrata in vigore della patente a punti) e il 1 marzo 2007, sono stati prelevati in media 10 punti dalla patente, come effettivamente prescrive la normativa vigente. Inoltre la legge italiana prevede arresto fino a tre mesi e una multa fino a 4000 euro. Tutto questo non considerando l'inasprimento delle pene voluto dal disegno di legge Bianchi approvato alla Camera il 19 giugno 2007 che prevede, tra l'altro, il divieto per neopatentati (3 anni di patente) di mettersi alla guida di mezzi troppo potenti.


Stato di ebrezza: in Italia molta strada da fare


In questo controllo impari sulle sanzioni, però, ci sono alcuni punti da chiarire:


  • Fra i ragazzi tedeschi chi guida è abituato a non bere. La maggior parte delle persone si attengono a questa regola e chi non beve perché deve guidare non è considerato lo sfigato di turno.
  • Secondo l'ASAP (il portale sulla sicurezza stradale) i ragazzi italiani neopatentati (massimo 3 anni di patente) sono i meno controllati d'Europa (solo il 3% è stato controllato con etilometro, contro il 16% della media europea per il periodo 2002-2004)
  • Nello stato federale del Rheinland-Pfalz, preso qui a d esempio, nel 2006 il numero degli incidenti causati da guida in stato di ebrezza è diminuito nuovamente da 3351 a 3017 (-10%). Nel periodo 2003-2006 la riduzione è stata del 19%. [fonte: Polizei RPL]

Ancora un dato: a fronte di più morti per alcool sulle strade, gli italiani sono quelli che in media bevono di meno in assoluto in tutta la Comunità Europea. [fonte: EU]

venerdì 6 luglio 2007

La Germania di oggi tra nazisti e comunisti

Come la Germania cerca di chiudere i conti col suo passato


In tedesco si chiama Vergangenheitsbewältigung ed è una parola che indica l'atto di confrontarsi con la propria storia per superarne in modo maturo i traumi sforzandosi di creare una memoria collettiva.


È una delle tante parole difficili da tradurre, ma ha la sua buona ragione di esistere, visto che la Germania ha conosciuto, nel secolo scorso, due dittature: quella nazionalsocialista di Hitler e quella comunista del dopoguerra.
Eppure se oggi in Germania si parla di Vergangenheitsbewältigung lo si fa quasi solo in relazione al periodo nazista. Degli oltre quattro decenni di separazione della Germania in due paesi e della segregazione di milioni di tedeschi dietro i confini di una delle peggiori dittature della storia sembra non volersi ricordare nessuno. La seconda guerra mondiale è finita più di sessant'anni fa e ancora è onnipresente nei ragionamenti dei politici, nelle lezioni di storia a scuola, nelle piazze del paese, nel rapporto con gli ebrei e nella vocazione essenzialmente antimilitare del popolo tedesco. Il muro di Berlino, invece, è caduto solo diciotto anni fa, eppure l'interesse per questo capitolo,lunghissimo e dolorosissimo, della storia della Germania non trova, tra gli stessi tedeschi, che sporadici afflati di interesse.


Un paio di anni fa, con la cosidetta Ostalgie (nostalgia per il tempo in cui esisteva la Germania Est) c'è stato addirittura un tentativo inconscio e collettivo di revisionismo: nel cuore di una delle più lunghe crisi economiche del dopoguerra, infatti, i tedeschi dell'Ovest rimpiangevano i tempi in cui non erano chiamati a sovvenzionare la rinascita dell'Est e i milioni di tedeschi dell'Est, delusi ed esclusi in maniera sproporzionata dalle promesse del mondo capitalistico, rimpiangevano il tempo in cui vivevano sì senza libertà, ma non dovevano preoccuparsi di arrivare a fine mese.


L'esempio dell'Istituto per la conservazione dell'archivio della Stasi


Poco dopo la caduta del muro, il regime comunista diede ordine di cominciare con la distruzione sistematica di tutti i documenti della Stasi (Ministerium für Staatssicherheit). Durante gli oltre quarant'anni di vita delle DDR (Deutsche Demokratische Republik) questo "Ministero per la sicurezza dello stato" aveva raccolto materiale su milioni di cittadini instaurando una cultura del sospetto in cui tutti si spiavano: tra vicini di casa, al lavoro, al bar e anche tra parenti e familiari.


Per fortuna il regime cadde prima che l'opera di distruzione di questo immenso archivio (si parla di alcuni chilometri di cartelle) potesse essere portata a termine. I governi della Germania unita hanno istituito così una struttura apposita per la conservazione e la consultazione di quegli atti, la cosiddetta Birthler-Behörde. Questo istituto, creato e finanziato dallo stato tedesco, è stato negli anni al centro di varie polemiche, come ad esempio la battaglia, poi persa in tribunale, di questo ufficio con l'ex Cancelliere Kohl, per rendere pubblici gli atti raccolti dalla Stasi su personalità pubbliche. Un'altra grossa polemica è stata scatenata dal fatto che solo alcuni anni dopo la creazione si è scoperto che le persone incaricate della gestione di questa struttura e dei milioni di fascicoli avevano assunto alcuni ex dipendenti del Ministero per la sicurezza, cioè della Stasi. I cosiddetti carnefici avevano quindi accesso ai e potere sui documenti che attestavano l'atrocità del loro operato e questo a tutto svantaggio delle vittime. La risposta dei riesponsabili in questo caso fu alquanto pragmatica: solo chi aveva contribuito a creare quella mole incommensurabile di documenti era anche in grado di capirci qualcosa, di raccapezzarcisi e fornire così le indicazioni necessarie per la gestione. Questa è anche la tesi sostenuta da Günter Hellmich in un suo commento per il Deutschlandfunk.


Il documento programmatico del governo sul futuro dei luoghi della memoria storica


Chi ha visto il film "Le vite degli altri" (in originale: Das Leben der Anderen) si è fatto una minima idea di cosa fosse capace di organizzare la Stasi e di quanto, lungi da ogni Ostalgie, la vita al di là del muro fosse dura e ingiusta. Ma a parte il contributo di questo bellissimo film, gli sforzi della gente e della classe dirigente del paese per chiudere definitivamente i conti con questo passato sono minimi. È notizia di questi giorni, infatti, che la Birthler-Behörde avrà una riduzione dei finanziamenti e che si sta discutendo su una sua chiusura anticipata rispetto ai tempi che la stessa Birthler, una tedesca dell'ex germania Est chiamata a dirigere l'ufficio, ha indicato come oggettivamente pensabili. La Birthler-Behörde potrebbe infatti chiudere nel 2010, come riporta il quotidiano Die Welt, alla scadenza del mandato della Birthler stessa, invece che nel 2020 come proposto dall'attuale responsabile.


Bernd Naumann, ministro federale della cultura, ha da poco pubblicato un documento che traccia le linee guida della politica tedesca in questo campo. In questo documento si dice chiaramente che:


  • Der Koalitionsvertrag zwischen CDU, CSU und SPD vom 11. November 2005
    sieht vor, die Gedenkstättenkonzeption „mit dem Ziel der angemessenen Berück-
    sichtigung der beiden Diktaturen in Deutschland“ fortzuschreiben.

    [Il contratto di coalizione tra CDU, CSU e SPD dell'11 novembre 2005 prevede che si prosegua il progetto riguardante i monumenti della memoria storica con "l'obiettivo di arrivare a dare la giusta considerazione ad entrambe le dittature della Germania."]
  • Pur riconoscendo che proprio nel campo del confronto con la DDR e il regime comunista c'è bisogno di uno sforzo maggiore, però, il documento riconosce l'unicità del nazionalsocialismo:

    Der differenzierte Umgang mit den beiden totalitären Systemen in Deutschland ist eine zentrale historische und moralische Verpflichtung bei der Pflege des Geschichtsbewusstseins. Dabei ist den Unterschieden zwischen NS-Terrorherrschaft und SED-Diktatur Rechnung zu tragen. Das nationalsozialistische Deutschland verursachte millionenfaches Leid durch seine menschenverachtende Verfolgungs- und Vernichtungspolitik sowie brutale Eroberungskriege. Die Erinnerung an die NS-Terrorherrschaft wird durch das Wissen um die Singularität des Holocaust bestimmt. Dem Völkermord an den europäischen Juden als Menschheitsverbrechen bisher nicht gekannten Ausmaßes kommt in der deutschen, europäischen und weltweiten Erinnerungskultur unvergleichliche Bedeutung zu.

    [L'approccio differenziato con entrambi i sistemi totalitari della Germania è un dovere storico e morale di vitale importanza nella cura della coscienza storica. In questo bisogna tenere presente le differenze tra il terrore del nazionalsocialismo e la dittature della SED (il partito socialista unico della Germania dell'Est - nda). La Germania nazionalsocialista ha causato dolore a milioni di persone attraverso una politica di persecuzione e distruzione che disprezzava la dignità umana e attraverso brutali guerre di annessione. La memoria dei crimini del nazionalsocialismo è caratterizzata dalla unicità dell'olocausto. Al genocidio degli ebrei d'Europa inteso come crimine contro l'umanità di dimensioni fino ad allora sconosciute spetta, nella cultura della memoria tedesca, europea e mondiale, un'importanza ineguagliabile.]

Il documento, quindi, ribadisce un concetto che, in Germania, è stato spesso oggetto di polemiche: l'unicità dell'olocausto. Di fronte a questo approccio al problema, quindi, le vittime della dittatura comunista si vedono relegare in secondo piano rispetto alle vittime del regime hitleriano. La questione è delicata, soprattutto perché il clima politico e culturale ancora non permette lo svolgimento di un dibattito calmo e oggettivo sull'argomento: chiunque metta in dubbio l'unicità dell'olocausto, volendo in questo modo non sminuire l'importanza storica della Shoà, ma volendo rivalutare l'atrocità di genocidi compiuti in seguito, viene tacciato di antisemitismo e quindi autometicamente delegittimato come interlocutore.


A fronte di quanto detto, quindi, non stupisce che il documento, pur promettendo in teoria un impegno maggiore nell'opera di evocazione della memoria dei crimini della SED, chieda un sostanziale indebolimento dell'ufficio guidato dalla signora Birthler e ne lasci intravedere lo scioglimento in un futuro non troppo lontano, anche in considerazione del fatto che lo scorso anno ci sono stati quasi 100.000 cittadini che hanno chiesto di poter visionare il proprio fascicolo presso l'ufficio.

giovedì 5 luglio 2007

Energie alternative: l'esempio della Germania

Germania: modello di sviluppo ecologico

La Germania ha mostrato anche durante l'ultimo vertice del G8 a Heiligendamm di avere una chiara vocazione ecologista. Nello sforzo di coniugare sviluppo economico e sostenibilità ambientale, i governi degli ultimi anni, a prescindere dal proprio colore politico, hanno creato le basi per una crescita delle energie alternative su larga scala che ha portato il paese ai primi posti in questo settore.


Confronto fra Italia e Germania: eolico e fotovoltaico


Limitandoci al settore eolico e a quello fotovoltaico questi sono i dati:


Energia eolica


Produzione della Germania nel settore eolico (anno 2002): 12.000 MW
Produzione dell'Italia nel settore eolico (anno 2002): 785 MW

(fonte: Professor Echos)



Energia fotovoltaica


Produzione della Germania nel settore fotovoltaico (anno 2005): 1429 MW
Produzione dell'Italia nel settore eolico (anno 2005): 38 MW

(fonte: Qualenergia)


Il grafico qui sotto riportato mostra lo sviluppo di produzione di energia elettrica tramite l'impiego di pannelli fotovoltaici in Germania nel periodo di tempo 1990-2005:

Produzione di energia elettrica da pannelli fotovoltaici in Germania (1990-2005) Nell'arco di tempo 2000-2005 la produzione di energia da fotovoltaico in Italia è passata da 19 MW a 38 MW, In Germania da 114 MW a 1429 MW. Negli ultimi anni la Germania è così passata da secondo a primo produttore mondiale (superando il Giappone), mentre l'Italia è scesa dal quarto al settimo posto.


[Update:A chi si vuol fare un'idea veloce del dibattito politico in Germania su questi temi consiglio un post molto interessante di italienpolitik.]